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#Curiosità #Egitto
I re pastori conquistatori dell’Egitto
“All’improvviso dalle regioni d’Oriente ,un’oscura razza di invasori si mise in marcia contro il nostro Paese. Con la sola forza numerica e senza colpo ferire s’impadronirono facilmente delle nostre terre;e avendo sopraffatto i reggitori del Paese,bruciarono spietatamente le nostre città,rasero al suolo i templi degli dèi e rivolsero la loro crudeltà contro gli abitanti” queste furono le parole di Giuseppe Flavio,il quale affermò a sua volta di aver riportato ciò che aveva detto Manetone,ossia il sacerdote-scrittore vissuto in Egitto nel cosiddetto "Secondo Periodo Intermedio".
Chi descriveva Manetone con le sue parole?
Manetone attraverso le sue parole descrisse gli Hyksos detti anche “i re pastori”. Il nome di questa popolazione in realtà era “Heka khasut” cioè “principi delle terre straniere”. Tutt’oggi non si sa la reale provenienza di questi,alcuni studiosi presumono si trattasse di popolazioni semite della Palestina. Il termine “Heka khasut” venne in seguito deformato in “Hyksos” che ad oggi indica per l’appunto quelle popolazioni che penetrarono e conquistarono l’Egitto durante il Medio Regno.
Durante la sua lunga storia,l’Egitto subì diverse invasioni,di cui quella da parte dei “re pastori” rappresentò la prima. Secondo molti studiosi la versione di una violenta e improvvisa invasione è ad oggi ampiamente respinta,ciò perché il loro avvento in Egitto fu lento e graduale iniziando con alcune piccole tribù semitiche che in cerca di terre e lavoro si stabilirono sul delta del Nilo. Tribù dopo tribù,la loro presenza divenne talmente massiccia che riuscirono a prender possesso di tutto il Basso Egitto.
Ascesa al potere degli Hyksos
Dopo la morte di Amenemhat IV, salì al potere la regina Sobekneferu, con l’ascesa di questa iniziò per l’Egitto un periodo molto buio. Approfittando di tale periodo gli Hyksos si spinsero sempre più a sud,fino ad inaugurare il loro “Stato sovrano” con capitale Avaris. Il primo faraone,esponente di tale popolazione fu Salitis il quale fece ricostruire e fortificare la capitale.
In quel periodo nella Terra del Nilo si ritrovarono a convivere due stirpi differenti,da un lato gli Egizi e dall’altro gli Hyksos,questi ultimi sembra che si adattarono molto bene alla cultura locale apprezzandone la moda,la politica ed anche la scrittura geroglifica. Essi inoltre introdussero nuove conoscenze riguardo l’industria bellica con l’introduzione del carro da guerra e dei cavalli
Lotta agli invasori
Pur essendosi integrati molto bene e convivendo le due stirpi abbastanza pacificamente,gli Egizi continuarono a vedere gli Hyksos come degli invasori,per tale motivo Kamose,principe talebano ed ultimo faraone della XVII dinastia decise di combattere e distruggere i “re pastori”. Egli per prima cosa distrusse la loro flotta fluviale e successivamente assediò la loro capitale Avaris ma ciò non bastò,fu infatti il successore di Kamose ossia il fratello Amhose a completare l’opera distruggendo definitivamente gli Hyksos.
I re pastori conquistatori dell’Egitto
“All’improvviso dalle regioni d’Oriente ,un’oscura razza di invasori si mise in marcia contro il nostro Paese. Con la sola forza numerica e senza colpo ferire s’impadronirono facilmente delle nostre terre;e avendo sopraffatto i reggitori del Paese,bruciarono spietatamente le nostre città,rasero al suolo i templi degli dèi e rivolsero la loro crudeltà contro gli abitanti” queste furono le parole di Giuseppe Flavio,il quale affermò a sua volta di aver riportato ciò che aveva detto Manetone,ossia il sacerdote-scrittore vissuto in Egitto nel cosiddetto "Secondo Periodo Intermedio".
Chi descriveva Manetone con le sue parole?
Manetone attraverso le sue parole descrisse gli Hyksos detti anche “i re pastori”. Il nome di questa popolazione in realtà era “Heka khasut” cioè “principi delle terre straniere”. Tutt’oggi non si sa la reale provenienza di questi,alcuni studiosi presumono si trattasse di popolazioni semite della Palestina. Il termine “Heka khasut” venne in seguito deformato in “Hyksos” che ad oggi indica per l’appunto quelle popolazioni che penetrarono e conquistarono l’Egitto durante il Medio Regno.
Durante la sua lunga storia,l’Egitto subì diverse invasioni,di cui quella da parte dei “re pastori” rappresentò la prima. Secondo molti studiosi la versione di una violenta e improvvisa invasione è ad oggi ampiamente respinta,ciò perché il loro avvento in Egitto fu lento e graduale iniziando con alcune piccole tribù semitiche che in cerca di terre e lavoro si stabilirono sul delta del Nilo. Tribù dopo tribù,la loro presenza divenne talmente massiccia che riuscirono a prender possesso di tutto il Basso Egitto.
Ascesa al potere degli Hyksos
Dopo la morte di Amenemhat IV, salì al potere la regina Sobekneferu, con l’ascesa di questa iniziò per l’Egitto un periodo molto buio. Approfittando di tale periodo gli Hyksos si spinsero sempre più a sud,fino ad inaugurare il loro “Stato sovrano” con capitale Avaris. Il primo faraone,esponente di tale popolazione fu Salitis il quale fece ricostruire e fortificare la capitale.
In quel periodo nella Terra del Nilo si ritrovarono a convivere due stirpi differenti,da un lato gli Egizi e dall’altro gli Hyksos,questi ultimi sembra che si adattarono molto bene alla cultura locale apprezzandone la moda,la politica ed anche la scrittura geroglifica. Essi inoltre introdussero nuove conoscenze riguardo l’industria bellica con l’introduzione del carro da guerra e dei cavalli
Lotta agli invasori
Pur essendosi integrati molto bene e convivendo le due stirpi abbastanza pacificamente,gli Egizi continuarono a vedere gli Hyksos come degli invasori,per tale motivo Kamose,principe talebano ed ultimo faraone della XVII dinastia decise di combattere e distruggere i “re pastori”. Egli per prima cosa distrusse la loro flotta fluviale e successivamente assediò la loro capitale Avaris ma ciò non bastò,fu infatti il successore di Kamose ossia il fratello Amhose a completare l’opera distruggendo definitivamente gli Hyksos.
#AccadeOggi #Giappone #rinnovamentomeiji
La rivoluzione Meiji
La rivoluzione Meiji fu un periodo di radicali cambiamenti che stravolse la struttura sociale e politica del Giappone nel periodo che va dal 1866 al 1869.
Ossia la fine dello shogunato di Tokugawa e all'inizio del periodo Meiji.
Il contesto
Prima dell'arrivo del commodoro Perry nel 1854 nella baia di Edo (Tokio), il Giappone era un paese isolazionista chiuso ai commerci con i paesi stranieri, gli unici contatti permessi avvenivano nella baia di Nagasaki con commercianti olandesi.
L'arrivo di Perry, fu letteralmente uno shock per la politica giapponese, la superioritá militare delle "Navi Nere" impose umilianti condizioni per lo shogunato che dovette sottostare alle condizioni imposte dal presidente degli Stati Uniti per mezzo del commodoro innescarono una crisi sociale e politica. Dal punto di vista politico il territorio era suddiviso in feudi, con a capo dei signori feudali dipendenti in tutto e per tutto dallo shogun. La società giapponese invece, era cristalizzata in quattro classi sociali, al vertice vi erano i samurai, i burocrati dello shogunato, seguono i cittadini produttori, la classe artigiana e infine i disprezzati mercanti.
La rivoluzione
Lo scoppio di una crisi politica e l'insofferenza di alcuni samurai verso lo shogunato comporto un allenza con l'imperatore. La fine dello shogunato di Tokugawa avvenne nel 1867 con la deposizione dello shogun e la consegna del potere nelle mani dell'imperatore.
Tuttavia la restituzione della sovranità all'imperatore non fu indolore in quanto scoppio una guerra tra coloro che erano favorevoli alle restaurazione dell'imperatore e i sostenitori dello shogunato. La guerra di concluse il 3 gennaio del 1869 con la fuga delle truppe dello shogunato. I capi della restaurazione dichiararono di agire nell'interesse del paese, di fatto essi si sostituirono la vecchia oligarchia e di fatto il potere passo ad una ristretta cerchia formata da coloro che si erano opposti allo shogunato.
Fu tuttavia grazie alla rivoluzione meiji che per il paese iniziò una fase di ammodernamento ispirata ai paesi occidentali.
La rivoluzione Meiji
La rivoluzione Meiji fu un periodo di radicali cambiamenti che stravolse la struttura sociale e politica del Giappone nel periodo che va dal 1866 al 1869.
Ossia la fine dello shogunato di Tokugawa e all'inizio del periodo Meiji.
Il contesto
Prima dell'arrivo del commodoro Perry nel 1854 nella baia di Edo (Tokio), il Giappone era un paese isolazionista chiuso ai commerci con i paesi stranieri, gli unici contatti permessi avvenivano nella baia di Nagasaki con commercianti olandesi.
L'arrivo di Perry, fu letteralmente uno shock per la politica giapponese, la superioritá militare delle "Navi Nere" impose umilianti condizioni per lo shogunato che dovette sottostare alle condizioni imposte dal presidente degli Stati Uniti per mezzo del commodoro innescarono una crisi sociale e politica. Dal punto di vista politico il territorio era suddiviso in feudi, con a capo dei signori feudali dipendenti in tutto e per tutto dallo shogun. La società giapponese invece, era cristalizzata in quattro classi sociali, al vertice vi erano i samurai, i burocrati dello shogunato, seguono i cittadini produttori, la classe artigiana e infine i disprezzati mercanti.
La rivoluzione
Lo scoppio di una crisi politica e l'insofferenza di alcuni samurai verso lo shogunato comporto un allenza con l'imperatore. La fine dello shogunato di Tokugawa avvenne nel 1867 con la deposizione dello shogun e la consegna del potere nelle mani dell'imperatore.
Tuttavia la restituzione della sovranità all'imperatore non fu indolore in quanto scoppio una guerra tra coloro che erano favorevoli alle restaurazione dell'imperatore e i sostenitori dello shogunato. La guerra di concluse il 3 gennaio del 1869 con la fuga delle truppe dello shogunato. I capi della restaurazione dichiararono di agire nell'interesse del paese, di fatto essi si sostituirono la vecchia oligarchia e di fatto il potere passo ad una ristretta cerchia formata da coloro che si erano opposti allo shogunato.
Fu tuttavia grazie alla rivoluzione meiji che per il paese iniziò una fase di ammodernamento ispirata ai paesi occidentali.
#AccadeOggi #Italia #Sicilia
Il terremoto in Val di Noto del 9 Gennaio 1693
Il giorno di venerdì 9 gennaio nell'ora quarta e mezza della notte tutta la Sicilia tremò dibattuta dalla terribile terremoto. Nel Val di Noto e nel Val Demone fu più gagliardo: nel Val di Mazara più dimesso[…].
Il terremoto della Val di Noto fu un evento che sconvolse tutta la Sicilia orientale e fu avvertito fino a Malta.
Al terremoto del 9 ne seguì uno l'11, tuttavia per mancanza di studi non é possibile stabilire se fossero collegati oppure due eventi distinti.
Inoltre risulta essere uno degli eventi più disastrosi in Italia e nel mondo.
L'epicentro fu tra Melilli e Sortino e il terremoto si verificò intorno alle ore 21.
Il secondo evento ebbe come epicentro la zona antistante al porto di Catania e innescò un successivo terremoto.
L'evento provocò circa 90.000 morti nell'intera Sicilia. Infine veniamo a sapere da un resoconto dei Senatori di Siracusa al Supremo consiglio di Italia presso la corte di Madrid, l'entità dei danni: "furono completsmente rase al suolo 2 vescovadi, 700 chiese, 22 collegiate, 250 monasteri, 49 città e morte 93.000 persone."
Il terremoto in Val di Noto del 9 Gennaio 1693
Il giorno di venerdì 9 gennaio nell'ora quarta e mezza della notte tutta la Sicilia tremò dibattuta dalla terribile terremoto. Nel Val di Noto e nel Val Demone fu più gagliardo: nel Val di Mazara più dimesso[…].
Il terremoto della Val di Noto fu un evento che sconvolse tutta la Sicilia orientale e fu avvertito fino a Malta.
Al terremoto del 9 ne seguì uno l'11, tuttavia per mancanza di studi non é possibile stabilire se fossero collegati oppure due eventi distinti.
Inoltre risulta essere uno degli eventi più disastrosi in Italia e nel mondo.
L'epicentro fu tra Melilli e Sortino e il terremoto si verificò intorno alle ore 21.
Il secondo evento ebbe come epicentro la zona antistante al porto di Catania e innescò un successivo terremoto.
L'evento provocò circa 90.000 morti nell'intera Sicilia. Infine veniamo a sapere da un resoconto dei Senatori di Siracusa al Supremo consiglio di Italia presso la corte di Madrid, l'entità dei danni: "furono completsmente rase al suolo 2 vescovadi, 700 chiese, 22 collegiate, 250 monasteri, 49 città e morte 93.000 persone."
#curiosità #Crociate
L' ordine Teutonico
L'ordine teutonico o Ordine dei Fratelli della Casa di Santa Maria in Gerusalemme, fu un ordine religioso di cavalieri che trae origini nel 1099 presso Gerusalemme da pellegrini e cavalieri tedeschi, tuttavia l'approvazione fu concessa da Clemente III nel 1191. L'ordine fu attivo in terrasanta fino alla caduta di Acri nel 1291, in seguito si trasferi nell'europa dell'Est, prima in territorio Baltico e poi in Transilvania. Nel periodo di apogeo l'ordine arrivò a possedere un vero e proprio stato, i cavalieri furono attivi nell'evangelizzazione di questi territori in cui erano presenti tribù pagane. L'ordine arrivò a scontrarsi con i Russi ortodossi perdendo la battaglia del lago ghiacciato, e a seguito dello scontro con Ladislao II di Polonia, l'ordine subì una grave sconfitta nella Battaglia di Tennenberg. Dopo il trattato di Toruń inizio una veloce decadenza per l'ordine, che perse il controllo sui suoi territori eccetto la Prussia.
Dopo la conversione al luteranesimo del gran Maestro, si passò alla secolarizzazione dei possedimenti prussiani.
Nel 1809 Napoleone soppresse l'ordine ma in seguito fu ripristinato dagli Asburgo. Nel 1929 a causa della seconda guerra mondiale gli Asburgo lo posero sotto la protezione della Santa Sede che lo rese un ordine per la carità e l'assistenza delle anime.
(In foto armatura e armi di un cavaliere teutonico del XV sex)
L' ordine Teutonico
L'ordine teutonico o Ordine dei Fratelli della Casa di Santa Maria in Gerusalemme, fu un ordine religioso di cavalieri che trae origini nel 1099 presso Gerusalemme da pellegrini e cavalieri tedeschi, tuttavia l'approvazione fu concessa da Clemente III nel 1191. L'ordine fu attivo in terrasanta fino alla caduta di Acri nel 1291, in seguito si trasferi nell'europa dell'Est, prima in territorio Baltico e poi in Transilvania. Nel periodo di apogeo l'ordine arrivò a possedere un vero e proprio stato, i cavalieri furono attivi nell'evangelizzazione di questi territori in cui erano presenti tribù pagane. L'ordine arrivò a scontrarsi con i Russi ortodossi perdendo la battaglia del lago ghiacciato, e a seguito dello scontro con Ladislao II di Polonia, l'ordine subì una grave sconfitta nella Battaglia di Tennenberg. Dopo il trattato di Toruń inizio una veloce decadenza per l'ordine, che perse il controllo sui suoi territori eccetto la Prussia.
Dopo la conversione al luteranesimo del gran Maestro, si passò alla secolarizzazione dei possedimenti prussiani.
Nel 1809 Napoleone soppresse l'ordine ma in seguito fu ripristinato dagli Asburgo. Nel 1929 a causa della seconda guerra mondiale gli Asburgo lo posero sotto la protezione della Santa Sede che lo rese un ordine per la carità e l'assistenza delle anime.
(In foto armatura e armi di un cavaliere teutonico del XV sex)
#Approfondimento #Battaglie #MassacriIndiani #West
Le Guerre Indiane
I primi contatti tra Bianchi e Pellerossa avvennero nei primi dell'800 quando i cacciatori di pellicce iniziarono a spingersi sempre più frequentemente nei territori indiani. Tutto l'Ovest era inesplorato, gli unici territori abitati erano la California e i territori ad Est.
Intorno alla metà dell'800 il governo degli Stati Uniti incoraggiò gli stanziamenti di coloni nell'Ovest e man mano tra il 1840-60 più di 4 milioni di coloni si spostarono verso quelle terre partendo dal Mississipi.
Lungo queste piste, le carovane venivano spesso attaccate dagli indiani che vedevano queste incursioni come vere e proprie invasioni. Infatti lungo queste vie i coloni cacciavano sistematicamente i bisonti fino a sterminarli, ciò creava un grosso problema alle tribú indiane per i quali questo animale era una risorsa alimentare importante. Intere tribù furono condannate alla fame e alla miseria a causa della presenza dei coloni bianchi. Fu in questi anni che molti ebbero la convinzione che l'espansione degli Stati Uniti non si sarebbe mai arrestata finché non avvessero conquistato tutto l'Ovest. Le strade da intraprendere erano sostanzialmente tre: spingere la colonizzazione fino all'estremo e sterminare di fatto gli indiani, concedere dei territori in cui potessero vivere seguendo i loro usi e infine convincerli a cedere territori in cambio di denaro. Per il momento chi guidava le carovane preferiva scegliere questa questa terza alternativa. Tuttavia la tensione restò costante e non tutte le tribù riuscirono ad essere calmate a suon di dollari. Nel 1851 vi fu un trattato a Fort Laramie, con i rappresentanti di Sioux,
Cheyenne e Arapaho.
Questo trattato resse per circa 10 anni, poi durante la guerra di secessione gli indiani si trovarono in una posizione favorevole poichè sia nordisti che sudisti cercavano di averli dalla loro parte, ma poche tribù parteciparono al conflitto. Fu con la fine del trattato che le tensioni sfociarono nel massacro di Sand Creek, diversi indiani attaccatono villaggi e forti e si contarono 700 coloni tra le vittime. Con l'impiego dell'esercito furono fatti 2mila prigionieri; di questi trecento circa i condannati a morte di cui buona parte furono graziati dal presidente Lincoln, alla fine solo in 38 furono impiccati. Questa rivolta fu solo una delle tante scintille che infiammò l'Ovest. Nel 1864 gli uomini guidati dal Mgg Chivington, un uomo sanguinario e senza scrupoli, attaccò un villaggio accampato presso Sand Creek uccidendo circa 150 uomini, donne e bambini.
Gli indiani colpiscono: La fine di Custer
Tra gli uomini mandati a combattere gli indiani vi era il Tenente colonnello Custer, egli al comando di 300 uomini attaccó un grosso accampamento indiano. Custer si trovò subito in svantaggio a causa della scarsità di uomini e mezzi, così in quel giorno del 1876 i guerrieri indiani capitanati da Tosso Seduto e Cavallo Pazzo ottennero una vittoria inaspettata, vittoria che non si ripetè mai più.
La fine dei nativi
Toro Seduto, conscio che la situazione favorevole non si sarebbe mai più ripresentata scappò in Canada. Cavallo Pazzo continuò le azioni di guerriglia ma ben presto a causa della superioritá statunitense dovette arrendersi. In seguito a causa della penuria di risorse al nord anche Toro seduto dovette arrendersi. L'ultimo chr firmo la resa fu Geronimo a capo degli Apache. Gli indiani vennero rinchiusi nelle riserve. Si conclusero così le guerre indiane, fu il triste declino di un popolo sterminato dai fucili e dalle invasioni dei coloni bianchi e quanto ne rimase fu confinato nelle riserve.
Le Guerre Indiane
I primi contatti tra Bianchi e Pellerossa avvennero nei primi dell'800 quando i cacciatori di pellicce iniziarono a spingersi sempre più frequentemente nei territori indiani. Tutto l'Ovest era inesplorato, gli unici territori abitati erano la California e i territori ad Est.
Intorno alla metà dell'800 il governo degli Stati Uniti incoraggiò gli stanziamenti di coloni nell'Ovest e man mano tra il 1840-60 più di 4 milioni di coloni si spostarono verso quelle terre partendo dal Mississipi.
Lungo queste piste, le carovane venivano spesso attaccate dagli indiani che vedevano queste incursioni come vere e proprie invasioni. Infatti lungo queste vie i coloni cacciavano sistematicamente i bisonti fino a sterminarli, ciò creava un grosso problema alle tribú indiane per i quali questo animale era una risorsa alimentare importante. Intere tribù furono condannate alla fame e alla miseria a causa della presenza dei coloni bianchi. Fu in questi anni che molti ebbero la convinzione che l'espansione degli Stati Uniti non si sarebbe mai arrestata finché non avvessero conquistato tutto l'Ovest. Le strade da intraprendere erano sostanzialmente tre: spingere la colonizzazione fino all'estremo e sterminare di fatto gli indiani, concedere dei territori in cui potessero vivere seguendo i loro usi e infine convincerli a cedere territori in cambio di denaro. Per il momento chi guidava le carovane preferiva scegliere questa questa terza alternativa. Tuttavia la tensione restò costante e non tutte le tribù riuscirono ad essere calmate a suon di dollari. Nel 1851 vi fu un trattato a Fort Laramie, con i rappresentanti di Sioux,
Cheyenne e Arapaho.
Questo trattato resse per circa 10 anni, poi durante la guerra di secessione gli indiani si trovarono in una posizione favorevole poichè sia nordisti che sudisti cercavano di averli dalla loro parte, ma poche tribù parteciparono al conflitto. Fu con la fine del trattato che le tensioni sfociarono nel massacro di Sand Creek, diversi indiani attaccatono villaggi e forti e si contarono 700 coloni tra le vittime. Con l'impiego dell'esercito furono fatti 2mila prigionieri; di questi trecento circa i condannati a morte di cui buona parte furono graziati dal presidente Lincoln, alla fine solo in 38 furono impiccati. Questa rivolta fu solo una delle tante scintille che infiammò l'Ovest. Nel 1864 gli uomini guidati dal Mgg Chivington, un uomo sanguinario e senza scrupoli, attaccò un villaggio accampato presso Sand Creek uccidendo circa 150 uomini, donne e bambini.
Gli indiani colpiscono: La fine di Custer
Tra gli uomini mandati a combattere gli indiani vi era il Tenente colonnello Custer, egli al comando di 300 uomini attaccó un grosso accampamento indiano. Custer si trovò subito in svantaggio a causa della scarsità di uomini e mezzi, così in quel giorno del 1876 i guerrieri indiani capitanati da Tosso Seduto e Cavallo Pazzo ottennero una vittoria inaspettata, vittoria che non si ripetè mai più.
La fine dei nativi
Toro Seduto, conscio che la situazione favorevole non si sarebbe mai più ripresentata scappò in Canada. Cavallo Pazzo continuò le azioni di guerriglia ma ben presto a causa della superioritá statunitense dovette arrendersi. In seguito a causa della penuria di risorse al nord anche Toro seduto dovette arrendersi. L'ultimo chr firmo la resa fu Geronimo a capo degli Apache. Gli indiani vennero rinchiusi nelle riserve. Si conclusero così le guerre indiane, fu il triste declino di un popolo sterminato dai fucili e dalle invasioni dei coloni bianchi e quanto ne rimase fu confinato nelle riserve.
#AccadeOggi #mediooriente #guerra #desertstorm
1991 - Operazione Desert Storm
L'operazione desert storm segnò l'inizio della prima guerra del Golfo.
Possiamo definire questo come il primo intervento diretto armato dell'esercito statunitense nel medio oriente. Prima di allora le potenze occidanti e l'URSS in passato erano intevernuti indirettamente verso gli stati alleati con forniture militari.
Ricordiamo appunto il conflitto precedente Iran-Iraq in cui entrambi gli stati furono foraggiati militarmente sia dagli Stati Uniti che dai Sovietici. È noto infatti che i Sovietici appoggiarono apertamente l'Iraq, ma attraverso i loro alleati siriani, fornivano mezzi militari all'Iran, mentre gli Stati Uniti apertamente rifornivano militarmente l'Iraq e attraverso lo stato di Israele foraggiavano l'Iran. Dallo stallo di questo precedente conflitto ne sorse uno nuovo, infatti nel 1990 il dittatore Saddam Hussein attaccò il piccolo emirato del Kuwait per annetterlo all'Iraq.
Le reazioni dell'ONU
All'invasione irachena del Kuwait seguirono le reazioni dell'assemblea dell ONU che chiese il ritiro immediato e truppe di occupazione. L'ONU a seguito del mancato ritiro delle truppe approvó un ulteriore risoluzione di sanzioni nei confronti dell'Iraq. Il 17 Gennaio 1991, fu approvato l'intervento armato della coalizione comandata dagli Stati Uniti.
Le motivazioni che spinsero gli Stati Uniti ad attaccare erano sostanzialmente il blocco dei capitali kuwaitiani sulle piazze finanziarie occidentali e il petrolio presente in Kuwait. Inoltre il rapido successo dell'invasione irachena e gli attriti tra Arabia Saudita e Iraq, mettevano lo stato Saudita sotto possibilità di attacco. Nei mesi successivi all'invasione, gli attacchi verbali del rais iracheno verso la dinastia saudita si intensificarono.
George Bush senior per proteggere L'Arabia Saudita dichiarò che avrebbe intrapreso una operazione difensiva, l'operazione Desert Shield, partita nel 1990 con cui furono mobilitati circa 500.000 soldati statunitensi.
A seguito di una nuova risoluzione Onu fu autorizzata l'uso della forza e di costituì la coalizione di stati a guida USA. I principali oltre agli Stati Uniti furono: Gran Bretagna, Arabia Saudita, Egitto, Francia, Marocco, Canada, Emirati Arabi, Italia, Spagna e altri stati o "vassalli" statunitensi, o stati europei.
Allo scadere dell'ultimatum fissato per il 16 Gennaio, prese avvio circa 18 ore dopo lo scadere dello stesso l'operazione desert storm. La prima mossa fu un vasto attacco aereo a cui seguirono le operazioni di terra, alla fine le forze Irachene furono annientate. Emblematica la foto dell'autostrada che collegava Iraq e Kuwait in cui un convoglio di mezzi militari e civili in ritirata furono bombardati e totalmente distrutti, da allora è chiamata "Autostrada della morte".
1991 - Operazione Desert Storm
L'operazione desert storm segnò l'inizio della prima guerra del Golfo.
Possiamo definire questo come il primo intervento diretto armato dell'esercito statunitense nel medio oriente. Prima di allora le potenze occidanti e l'URSS in passato erano intevernuti indirettamente verso gli stati alleati con forniture militari.
Ricordiamo appunto il conflitto precedente Iran-Iraq in cui entrambi gli stati furono foraggiati militarmente sia dagli Stati Uniti che dai Sovietici. È noto infatti che i Sovietici appoggiarono apertamente l'Iraq, ma attraverso i loro alleati siriani, fornivano mezzi militari all'Iran, mentre gli Stati Uniti apertamente rifornivano militarmente l'Iraq e attraverso lo stato di Israele foraggiavano l'Iran. Dallo stallo di questo precedente conflitto ne sorse uno nuovo, infatti nel 1990 il dittatore Saddam Hussein attaccò il piccolo emirato del Kuwait per annetterlo all'Iraq.
Le reazioni dell'ONU
All'invasione irachena del Kuwait seguirono le reazioni dell'assemblea dell ONU che chiese il ritiro immediato e truppe di occupazione. L'ONU a seguito del mancato ritiro delle truppe approvó un ulteriore risoluzione di sanzioni nei confronti dell'Iraq. Il 17 Gennaio 1991, fu approvato l'intervento armato della coalizione comandata dagli Stati Uniti.
Le motivazioni che spinsero gli Stati Uniti ad attaccare erano sostanzialmente il blocco dei capitali kuwaitiani sulle piazze finanziarie occidentali e il petrolio presente in Kuwait. Inoltre il rapido successo dell'invasione irachena e gli attriti tra Arabia Saudita e Iraq, mettevano lo stato Saudita sotto possibilità di attacco. Nei mesi successivi all'invasione, gli attacchi verbali del rais iracheno verso la dinastia saudita si intensificarono.
George Bush senior per proteggere L'Arabia Saudita dichiarò che avrebbe intrapreso una operazione difensiva, l'operazione Desert Shield, partita nel 1990 con cui furono mobilitati circa 500.000 soldati statunitensi.
A seguito di una nuova risoluzione Onu fu autorizzata l'uso della forza e di costituì la coalizione di stati a guida USA. I principali oltre agli Stati Uniti furono: Gran Bretagna, Arabia Saudita, Egitto, Francia, Marocco, Canada, Emirati Arabi, Italia, Spagna e altri stati o "vassalli" statunitensi, o stati europei.
Allo scadere dell'ultimatum fissato per il 16 Gennaio, prese avvio circa 18 ore dopo lo scadere dello stesso l'operazione desert storm. La prima mossa fu un vasto attacco aereo a cui seguirono le operazioni di terra, alla fine le forze Irachene furono annientate. Emblematica la foto dell'autostrada che collegava Iraq e Kuwait in cui un convoglio di mezzi militari e civili in ritirata furono bombardati e totalmente distrutti, da allora è chiamata "Autostrada della morte".
#AccadeOggi #Francia #rivoluzionefrancese
1793 - Viene ghigliottinato Luigi XVI di Francia
«Perdono coloro che hanno causato la mia morte e spero che il mio sangue non debba mai ricadere sulla Francia.»
Con Queste parole Luigi Capeto, chiamato così dai rivoluzionari per dissacrarne la figura reale veniva condotto al patibolo.
L'ex Re di Francia era stato accusato di alto tradimento, dopo l'affaire della tentata fuga della famiglia reale e del rivenimento alle Tuileries e la scoperta dell' "armoire de fer" in cui erano contenuti documenti compromettenti per il sovrano. Egli fu dapprima deposto e poi condotto in catene insieme alla famiglia reale nel carcere della torre.
Nella torre la famiglia reale rimase agli arresti finchè l'assemblea nazionale non si decise su quale destino riservare all'odiato Re.
Il 17 Gennaio la condanna a morte ottenne una maggioranza sufficiente, con 387 voti favorevoli e 334 contrari.
Il 21 fu condotto sul luogo dell'esecuzione ossia Place de la concorde, l'unico riguardo nei suoi confronti fu quello di essere condotto su una carrozza coperta invece di trasportarlo sul carro dei condannati.
Dopo la morte dell'ex Sovrano, il figlio divenne Re di diritto venendo riconosciuto come Luigi XVII, tuttavia fu re per breve tempo in quanto morì per le pessime condizioni di detenzione.
Dopo la morte il sovrano fu tumulato in una fossa comune, il fratello Luigi XVIII una volta restaurata la monarchia si adoperò affinché le spoglie fossero collocate nella Basilica di Saint-Denis.
1793 - Viene ghigliottinato Luigi XVI di Francia
«Perdono coloro che hanno causato la mia morte e spero che il mio sangue non debba mai ricadere sulla Francia.»
Con Queste parole Luigi Capeto, chiamato così dai rivoluzionari per dissacrarne la figura reale veniva condotto al patibolo.
L'ex Re di Francia era stato accusato di alto tradimento, dopo l'affaire della tentata fuga della famiglia reale e del rivenimento alle Tuileries e la scoperta dell' "armoire de fer" in cui erano contenuti documenti compromettenti per il sovrano. Egli fu dapprima deposto e poi condotto in catene insieme alla famiglia reale nel carcere della torre.
Nella torre la famiglia reale rimase agli arresti finchè l'assemblea nazionale non si decise su quale destino riservare all'odiato Re.
Il 17 Gennaio la condanna a morte ottenne una maggioranza sufficiente, con 387 voti favorevoli e 334 contrari.
Il 21 fu condotto sul luogo dell'esecuzione ossia Place de la concorde, l'unico riguardo nei suoi confronti fu quello di essere condotto su una carrozza coperta invece di trasportarlo sul carro dei condannati.
Dopo la morte dell'ex Sovrano, il figlio divenne Re di diritto venendo riconosciuto come Luigi XVII, tuttavia fu re per breve tempo in quanto morì per le pessime condizioni di detenzione.
Dopo la morte il sovrano fu tumulato in una fossa comune, il fratello Luigi XVIII una volta restaurata la monarchia si adoperò affinché le spoglie fossero collocate nella Basilica di Saint-Denis.
#AccadeOggi #battaglie #colonialismo
1879 - Battaglia di Isandlwana
La battaglia di Isabdlawana, ebbe luogo nell' omonima montagna sudafricana, lo scontro si inquadra nella guerra tra Impero Britannico e Regno Zulù.
Può un esercito moderno e tecnologicamente avanzato, che disponeva delle più moderne armi perdere contro un esercito arretrato che utilizzava giavellotti e pochi fucili ancora a pietra focaia ?
Si, se la sconfitta è frutto di una soverchiante forza numerica del nemico e di errori di strategia.
Premesse
Dopo aver strappato parte dei territori boeri, l'impero britannico controllava direttamente diverse colonie e indirettamente alcuni protettorati. Dopo una situazione di stallo durata alcuni anni, il governo britannico non era interessato ai territori dell'entroterra. Tuttavia la situazione mutò presto con la scoperta di giacimenti di Diamanti. La situazione mutò con la nomina di un nuovo alto commissario per il Sudafrica Freere, egli appoggiato dal comandante in capo delle forze armate britanniche di stanza in Sudafrica incominciò una propaganda ostile verso il regno Zulù, visto come uno dei più grandi ostacoli all'espansionismo britannico nella regione.
Londra era tuttavia poco interessata e non intendeva mandare rinforzi in Sudafrica, essendo impegnata in Afghanistan, così con le forze già presenti nel territorio Lord Chelmsford fece recapitare un ultimatum che imponeva al regno Zulù di smobilitare gran parte del suo esercito.
La Battaglia
Le truppe britanniche iniziarono subito le operazioni dividendosi in varie colonne e attaccando il regno Zulù con 3 diverse colonne di attacco mentre 2 sarebbero rimaste a difendere i confini.
Chelmsford pose un campo provvisorio nei pressi del monte Isandlwana, ritenne di non dover fortificare il campo e si allontanò con il grosso delle truppe alla ricerca dell'esercito avversario che i suoi avevano avvistato nei pressi. Il generale lascio al comando del campo il tenente colonnello Pulleine e il colonnello Durnford.
Tuttavia il grosso dell'esercito avversario si scontró invece con le sentinelle e i ricognitori disposti attorno al campo presto Pulleine organizzo le difese e dispose i soldati lungo una linea pronti riuscirono a resistere e ad tenere lontano il nemico per circa mezz'ora disposti a semicerchio riuscirono a tenere lontano il nemico, circa 20.000 uomini. Con lo scarseggiare delle munizioni, i britannici batterono in ritirata verso il campo cercando di cambiare lo schieramento ma ben presto si trovarono sparpagliati. Durnford congedò i suoi uomini e con pochi suerstiti si apprestò a opporre un ultima disperata resistenza, ma ben presto lui e i pochi al suo seguito morirono.
In pochissimi riuscirono a salvarsi, poiché parte degli Zulù aveva accerchiato il monte e aveva tagliato diverse vie di fuga.
Alla fine i pochi superstiti si salvarono guadando un fiume.
A seguito di questa sconfitta furono inviati in Sudafrica i rinforzi richesti da Chelmsford, così da preparare una seconda spedizione.
Come già detto questa fu una delle poche battaglie in cui un esercito indigeno sconfisse un esercito Coloniale.
1879 - Battaglia di Isandlwana
La battaglia di Isabdlawana, ebbe luogo nell' omonima montagna sudafricana, lo scontro si inquadra nella guerra tra Impero Britannico e Regno Zulù.
Può un esercito moderno e tecnologicamente avanzato, che disponeva delle più moderne armi perdere contro un esercito arretrato che utilizzava giavellotti e pochi fucili ancora a pietra focaia ?
Si, se la sconfitta è frutto di una soverchiante forza numerica del nemico e di errori di strategia.
Premesse
Dopo aver strappato parte dei territori boeri, l'impero britannico controllava direttamente diverse colonie e indirettamente alcuni protettorati. Dopo una situazione di stallo durata alcuni anni, il governo britannico non era interessato ai territori dell'entroterra. Tuttavia la situazione mutò presto con la scoperta di giacimenti di Diamanti. La situazione mutò con la nomina di un nuovo alto commissario per il Sudafrica Freere, egli appoggiato dal comandante in capo delle forze armate britanniche di stanza in Sudafrica incominciò una propaganda ostile verso il regno Zulù, visto come uno dei più grandi ostacoli all'espansionismo britannico nella regione.
Londra era tuttavia poco interessata e non intendeva mandare rinforzi in Sudafrica, essendo impegnata in Afghanistan, così con le forze già presenti nel territorio Lord Chelmsford fece recapitare un ultimatum che imponeva al regno Zulù di smobilitare gran parte del suo esercito.
La Battaglia
Le truppe britanniche iniziarono subito le operazioni dividendosi in varie colonne e attaccando il regno Zulù con 3 diverse colonne di attacco mentre 2 sarebbero rimaste a difendere i confini.
Chelmsford pose un campo provvisorio nei pressi del monte Isandlwana, ritenne di non dover fortificare il campo e si allontanò con il grosso delle truppe alla ricerca dell'esercito avversario che i suoi avevano avvistato nei pressi. Il generale lascio al comando del campo il tenente colonnello Pulleine e il colonnello Durnford.
Tuttavia il grosso dell'esercito avversario si scontró invece con le sentinelle e i ricognitori disposti attorno al campo presto Pulleine organizzo le difese e dispose i soldati lungo una linea pronti riuscirono a resistere e ad tenere lontano il nemico per circa mezz'ora disposti a semicerchio riuscirono a tenere lontano il nemico, circa 20.000 uomini. Con lo scarseggiare delle munizioni, i britannici batterono in ritirata verso il campo cercando di cambiare lo schieramento ma ben presto si trovarono sparpagliati. Durnford congedò i suoi uomini e con pochi suerstiti si apprestò a opporre un ultima disperata resistenza, ma ben presto lui e i pochi al suo seguito morirono.
In pochissimi riuscirono a salvarsi, poiché parte degli Zulù aveva accerchiato il monte e aveva tagliato diverse vie di fuga.
Alla fine i pochi superstiti si salvarono guadando un fiume.
A seguito di questa sconfitta furono inviati in Sudafrica i rinforzi richesti da Chelmsford, così da preparare una seconda spedizione.
Come già detto questa fu una delle poche battaglie in cui un esercito indigeno sconfisse un esercito Coloniale.
#AccadeOggi #storiaeconomia
1933 - Nasce L'IRI
L'IRI nacque nel pieno della crisi degli anni '30, durante il regime fascista. Negli anni precedenti, la crisi aveva coinvolto la Banca Commerciale Italiana che aveva aumentato in modo esponenziale la sua esposizione verso l'industria.
L'IRI fu inizialmente concepito come ente temporaneo, con lo scopo di salvare dalla crisi le Banche e le aziende collegate a queste. Divisa in due sezioni, una sezione smobilizzo dedicata alle gestione delle rilevanti partecipazioni provenienti dalle rilevanti partecipazioni dei portafogli delle banche miste ed una sezione finanziamenti per provvedere alle risorse finanziarie delle imprese in difficoltà. La mente di questa operazione fu Alberto Beneduce che fu nominato da Mussolini presidente dell'ente dalla sua fondazione nel 1933 fino al 1939.
L’IRI fu una sorta di holding e le aziende che caddero sotto il suo controllo mantennero la forma giuridica della società per azioni, in cui il capitale privato partecipava come socio di minoranza.
Questo sistemava creava una forma di cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato, in sostanza l'IRI fungendo da capogruppo controllava una serie di società per azioni regolate dal diritto privato e orientate strategicamente al mercato.
Nel 1937 l'ente da provvisorio diventò permanente assumendo sempre più stabilmente la forma di holding.
Con l'IRI lo stato diventò il principale imprenditore italiano assorbendo tutte le imprese in difficoltà in quegli anni, quali Ansaldo, Terni, ILVA, SIP, SME, Alfa Romeo, e altre.
Inoltre l'ente controllava tre delle maggiori banche del paese.
Infine all'IRI si diede una struttura che raggruppava le società per aree merceologiche: l'Istituto sottoscriveva il capitale di società finanziarie , "caposettore"), che a loro volta possedevano il capitale delle società operative.
In definitiva l'IRI rimase attiva anche nel dopoguerra, l'ente era così ben congeniato e strutturato da essere vitale anche negli anni a seguire, negli anni 60 fu uno dei protagonisti del miracolo italiano, e anche i governi stranieri guardavano all'IRI come ad un esemio da seguire. Fu tuttavia brutalmente smobilitato da Romano Prodi negli anni '90 nel periodo delle grandi privatizzazioni.
1933 - Nasce L'IRI
L'IRI nacque nel pieno della crisi degli anni '30, durante il regime fascista. Negli anni precedenti, la crisi aveva coinvolto la Banca Commerciale Italiana che aveva aumentato in modo esponenziale la sua esposizione verso l'industria.
L'IRI fu inizialmente concepito come ente temporaneo, con lo scopo di salvare dalla crisi le Banche e le aziende collegate a queste. Divisa in due sezioni, una sezione smobilizzo dedicata alle gestione delle rilevanti partecipazioni provenienti dalle rilevanti partecipazioni dei portafogli delle banche miste ed una sezione finanziamenti per provvedere alle risorse finanziarie delle imprese in difficoltà. La mente di questa operazione fu Alberto Beneduce che fu nominato da Mussolini presidente dell'ente dalla sua fondazione nel 1933 fino al 1939.
L’IRI fu una sorta di holding e le aziende che caddero sotto il suo controllo mantennero la forma giuridica della società per azioni, in cui il capitale privato partecipava come socio di minoranza.
Questo sistemava creava una forma di cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato, in sostanza l'IRI fungendo da capogruppo controllava una serie di società per azioni regolate dal diritto privato e orientate strategicamente al mercato.
Nel 1937 l'ente da provvisorio diventò permanente assumendo sempre più stabilmente la forma di holding.
Con l'IRI lo stato diventò il principale imprenditore italiano assorbendo tutte le imprese in difficoltà in quegli anni, quali Ansaldo, Terni, ILVA, SIP, SME, Alfa Romeo, e altre.
Inoltre l'ente controllava tre delle maggiori banche del paese.
Infine all'IRI si diede una struttura che raggruppava le società per aree merceologiche: l'Istituto sottoscriveva il capitale di società finanziarie , "caposettore"), che a loro volta possedevano il capitale delle società operative.
In definitiva l'IRI rimase attiva anche nel dopoguerra, l'ente era così ben congeniato e strutturato da essere vitale anche negli anni a seguire, negli anni 60 fu uno dei protagonisti del miracolo italiano, e anche i governi stranieri guardavano all'IRI come ad un esemio da seguire. Fu tuttavia brutalmente smobilitato da Romano Prodi negli anni '90 nel periodo delle grandi privatizzazioni.
#AccadeOggi
1871 - La Francia mette fine alla guerra franco-prussiana con la propria resa.
Il terzo conflitto franco-prussiano fu combattuto dal 19 luglio 1870 al 10 maggio 1871 tra il secondo Impero francese ( dopo la resa di Napolene III, dalla terza Repubblica francese) e la Confederazione Tedesca del Nord (guidata dal Regno di Prussia), alleata con i regni tedeschi del sud.
Il conflitto fu uno dei più grandi che si ebbe in Europa tra le guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale. Inoltre le conseguenze furono di portata europea con ripercussioni in Germania dove a seguito della vittoria nacque l' impero tedesco e in Francia la sconfitta causo la fine del secondo impero e la nascità della terza repubblica.
La Resa del 28 Gennaio
Dopo la resa di Napoleone III a Sedan, la popolazione francese era esplosa contro il loro ex imperatore assaltando i negozi e distruggendo le insegne imperiali, minacciando infine di occupare i palazzi governativi. Fu così subito proclamata la III repubblica francese. Nacque così un governo di difesa nazionale presieduto da Leon Gambetta, Jules Favre, Enrnest Picard ecc. Le forze del nuovo governo erano letteralmente spaccate in due tra chi proponeva una mediazione con il nemico e chi invece propendeva per la guerra ad oltranza.
Il generale Trochu, governatore militare di Parigi mobilità dapprima la guardia nazionale, che insieme alla resistenza e ai franchi tiratori, accompagnavano le truppe regolari; in seguito si passo a mobilitare tutti gli uomini tra i 21 e i 40 anni.
Le truppe prussiane avanzarono presto su Parigi e la cinsero d'assedio.
Stessa sorte toccò ad altre città francesi: Meitz, Orleans, Strasburgo, Verdun e altre.
La stessa reggia di Versailles fu occupata da Guglielmo I di Prussia.
Nella città di Parigi la situazione era terribile, l'artiglieria nemica arrivò a colpire anche zone centrali della capitale, il cibo scarseggiava, si arrivò ad uccidere gli animali dello zoo per cibarsene.
Nel frattempo anche nel resto della Francia si combatteva con le truppe prussiane impegnate a fronteggiare le tre armate francesi nel Nord nella Loira e nell'Est che in concomitanza con gli assediati cercavano di spezzare il cerchio che attanagliava Parigi. Il 19 Gennaio gli assediati lanciarono un ulteriore sortita ma l'attacco fallì. La mezzanotte del 27 Gennaio, vista l'impossibilità di liberare la capitale dall'assedio venne firmata l'armistizio, il ministro Favre ottenne la rassicurazione da Bisamck che le truppe prussiane non sarebbero entrate a Parigi.
1871 - La Francia mette fine alla guerra franco-prussiana con la propria resa.
Il terzo conflitto franco-prussiano fu combattuto dal 19 luglio 1870 al 10 maggio 1871 tra il secondo Impero francese ( dopo la resa di Napolene III, dalla terza Repubblica francese) e la Confederazione Tedesca del Nord (guidata dal Regno di Prussia), alleata con i regni tedeschi del sud.
Il conflitto fu uno dei più grandi che si ebbe in Europa tra le guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale. Inoltre le conseguenze furono di portata europea con ripercussioni in Germania dove a seguito della vittoria nacque l' impero tedesco e in Francia la sconfitta causo la fine del secondo impero e la nascità della terza repubblica.
La Resa del 28 Gennaio
Dopo la resa di Napoleone III a Sedan, la popolazione francese era esplosa contro il loro ex imperatore assaltando i negozi e distruggendo le insegne imperiali, minacciando infine di occupare i palazzi governativi. Fu così subito proclamata la III repubblica francese. Nacque così un governo di difesa nazionale presieduto da Leon Gambetta, Jules Favre, Enrnest Picard ecc. Le forze del nuovo governo erano letteralmente spaccate in due tra chi proponeva una mediazione con il nemico e chi invece propendeva per la guerra ad oltranza.
Il generale Trochu, governatore militare di Parigi mobilità dapprima la guardia nazionale, che insieme alla resistenza e ai franchi tiratori, accompagnavano le truppe regolari; in seguito si passo a mobilitare tutti gli uomini tra i 21 e i 40 anni.
Le truppe prussiane avanzarono presto su Parigi e la cinsero d'assedio.
Stessa sorte toccò ad altre città francesi: Meitz, Orleans, Strasburgo, Verdun e altre.
La stessa reggia di Versailles fu occupata da Guglielmo I di Prussia.
Nella città di Parigi la situazione era terribile, l'artiglieria nemica arrivò a colpire anche zone centrali della capitale, il cibo scarseggiava, si arrivò ad uccidere gli animali dello zoo per cibarsene.
Nel frattempo anche nel resto della Francia si combatteva con le truppe prussiane impegnate a fronteggiare le tre armate francesi nel Nord nella Loira e nell'Est che in concomitanza con gli assediati cercavano di spezzare il cerchio che attanagliava Parigi. Il 19 Gennaio gli assediati lanciarono un ulteriore sortita ma l'attacco fallì. La mezzanotte del 27 Gennaio, vista l'impossibilità di liberare la capitale dall'assedio venne firmata l'armistizio, il ministro Favre ottenne la rassicurazione da Bisamck che le truppe prussiane non sarebbero entrate a Parigi.
#AccadeOggi #programmaApollo
1971 - Il lancio dell'Apollo 14 verso la luna
Il lancio dell'Apollo 14, fu l'8° missione del programma Apollo, e la 3° con atterraggio sulla superficie lunare.
Il lancio della missione avvenne il 31 Gennaio dalla Florida. L'equipaggio era così composto da: Alan Sheepard(comandante) Edgar Mitchell (pilota) e Stuart Roosa (pilota).
Il procedimento come per tutte le missioni Apollo fu il seguente, si raggiunse l'orbita terrestre. In seguito si procedette all'accensione del terzo stadio per spingere la navicella verso la luna; la manovra di allunaggio creò qualche problema.
Attività sulla Luna.
L'equipaggio aveva a disposizione diversi strumenti per le misurazioni scientifiche, e la prima missione sulla superficie durò più di 5 ore.
Un curioso e divertente aneddoto avvenne durante la terza missione, Shepard tirò fuori due palline di golf, prese un asta e lanciò lontano le due palline lontano "Miles and miles and miles" come disse lui. Così a Shepard si deve il primato di essere stato il primo uomo a giocare a golf sulla Luna. Tranquillo fu poi il rientro, tanto che il 9 febbraio dello stesso anno l'Apollo 14 atterrò nel pacifico a pochi km dal punto inizialmente calcolato.
1971 - Il lancio dell'Apollo 14 verso la luna
Il lancio dell'Apollo 14, fu l'8° missione del programma Apollo, e la 3° con atterraggio sulla superficie lunare.
Il lancio della missione avvenne il 31 Gennaio dalla Florida. L'equipaggio era così composto da: Alan Sheepard(comandante) Edgar Mitchell (pilota) e Stuart Roosa (pilota).
Il procedimento come per tutte le missioni Apollo fu il seguente, si raggiunse l'orbita terrestre. In seguito si procedette all'accensione del terzo stadio per spingere la navicella verso la luna; la manovra di allunaggio creò qualche problema.
Attività sulla Luna.
L'equipaggio aveva a disposizione diversi strumenti per le misurazioni scientifiche, e la prima missione sulla superficie durò più di 5 ore.
Un curioso e divertente aneddoto avvenne durante la terza missione, Shepard tirò fuori due palline di golf, prese un asta e lanciò lontano le due palline lontano "Miles and miles and miles" come disse lui. Così a Shepard si deve il primato di essere stato il primo uomo a giocare a golf sulla Luna. Tranquillo fu poi il rientro, tanto che il 9 febbraio dello stesso anno l'Apollo 14 atterrò nel pacifico a pochi km dal punto inizialmente calcolato.
#curiosità #scoperte
Nuovi Sviluppi sulla Guerra di Troia
Gli epici scontri narrati nell'Iliade da Omero per lungo tempo sono stati visti come le fantasie di un aedo vissuto millenni fa di cui si è anche messa in dubbio l'esistenza.
Come sappiamo alla fine dell'Ottocento l'archeologo dilettante tedesco Schliemann, portò alla luce in Turchia le rovine di un antica città, secondo lo stesso Schliemann, la città di Troia.
Ad oggi non ci sono prove schiaccianti che le rovine sulla collina di Hissarlink fosse davvero la città di Troia, ma la posizione strategica della città fa propendere buona parte degli studiosi verso tale soluzione.
Tradizionalmente la guerra di Troia viene fissata intorno al 1200 a.C. , in Grecia in quel periodo a dominarela scena erano le città stato micenee. I Micenei, guerreschi e bellicosi, dominavano anche le isole dell'Egeo, compresa Creta in cui la civiltà minoica si era ormai esaurita.
Wilusa o Wilion, Illio
Secondo gli scavi più recenti Troia non era una città di origine "greca", ma di stampo orientale.
Uno dei ritrovamenti più importanti fu quello del 1995 di un sigillo di forma discoidale in bronzo con incisi i nomi di uno scriba e di una donna, la lingua in cui fu scritta è il Luvio.
Questo ritrovamento ci fornisce maggiori dettagli sulla popolazione che abitò Illio.
Intorno al II sec a C, a dominare la penisola dell'Anatolia era l'impero ittita dalla capitale Hattusa, a Ovest della quale vi erano alcuni potentati locali assoggettati proprio agli Ittiti.
Il rapporto tra gli Ittiti e questi potentati locali ci aiuta a comprendere le vicende che ruotano intorno alle origini della città di Troia. Testimonianze importanti ci giungono dai testi ritrovati a Hittusa, datati intorno al 1200 a.C, in tali testi, in realtà tavolette, si cita la città di Wilusa e una tavoletta in particolare ci aiuta a collocarla sulla mappa insieme ad altre città come Efeso, Mileto, Sardi e altre. Nelle tavolette in particolare quelle del 1998 si cita anche il nome geografico della regione Truwisa, si noti l'assonanza con il termine Troade usato per indicare la stessa regione. Inoltre il nome ittita della città Wilusa di avvicina molto al termine Wilion, per arrivare al greco Ilios (ιλιως) il termine aveva perso un digamma iniziale(lettera usata nel greco arcaico e caduta in disuso).
A questo punto è lecito pensare che Wilusa sia proprio l'omerica città di Troia.
Gli Ahhiyawa
Inoltre quelle che potrebbero sembrare coincidenze linguistiche sono molto di più, molti testi ci citano gli Ahhiyawa, essi non sono altro che una popolazione che regnava sull'Egeo, ossia gli Achei.
I testi ittiti citano altri suggestivi nomi, come quello di Piyama-Radu, che desiderava diventare il re di Wilusa, a questo punto si noti l'assonanza con il re Priamo. In altre tavolette si parla di Pari-Zitis (Parise?) e di Alaksandu(Alessandro altro nome del Paride omerico) che combatte proprio contro gli Ahhiyawa (Achei), viene citato Attarissiya, ( Atreo o Atride, il patronimico di Agamennone). In conclusione anche se giustamente possiamo dubitare circa la storicità della guerra narrata da Omero, non possiamo ignorare che nel II sec esisteva una citta Wilusa che ebbe rapporti importanti con l'impero ittita e con le civiltà Micenee.
Nuovi Sviluppi sulla Guerra di Troia
Gli epici scontri narrati nell'Iliade da Omero per lungo tempo sono stati visti come le fantasie di un aedo vissuto millenni fa di cui si è anche messa in dubbio l'esistenza.
Come sappiamo alla fine dell'Ottocento l'archeologo dilettante tedesco Schliemann, portò alla luce in Turchia le rovine di un antica città, secondo lo stesso Schliemann, la città di Troia.
Ad oggi non ci sono prove schiaccianti che le rovine sulla collina di Hissarlink fosse davvero la città di Troia, ma la posizione strategica della città fa propendere buona parte degli studiosi verso tale soluzione.
Tradizionalmente la guerra di Troia viene fissata intorno al 1200 a.C. , in Grecia in quel periodo a dominarela scena erano le città stato micenee. I Micenei, guerreschi e bellicosi, dominavano anche le isole dell'Egeo, compresa Creta in cui la civiltà minoica si era ormai esaurita.
Wilusa o Wilion, Illio
Secondo gli scavi più recenti Troia non era una città di origine "greca", ma di stampo orientale.
Uno dei ritrovamenti più importanti fu quello del 1995 di un sigillo di forma discoidale in bronzo con incisi i nomi di uno scriba e di una donna, la lingua in cui fu scritta è il Luvio.
Questo ritrovamento ci fornisce maggiori dettagli sulla popolazione che abitò Illio.
Intorno al II sec a C, a dominare la penisola dell'Anatolia era l'impero ittita dalla capitale Hattusa, a Ovest della quale vi erano alcuni potentati locali assoggettati proprio agli Ittiti.
Il rapporto tra gli Ittiti e questi potentati locali ci aiuta a comprendere le vicende che ruotano intorno alle origini della città di Troia. Testimonianze importanti ci giungono dai testi ritrovati a Hittusa, datati intorno al 1200 a.C, in tali testi, in realtà tavolette, si cita la città di Wilusa e una tavoletta in particolare ci aiuta a collocarla sulla mappa insieme ad altre città come Efeso, Mileto, Sardi e altre. Nelle tavolette in particolare quelle del 1998 si cita anche il nome geografico della regione Truwisa, si noti l'assonanza con il termine Troade usato per indicare la stessa regione. Inoltre il nome ittita della città Wilusa di avvicina molto al termine Wilion, per arrivare al greco Ilios (ιλιως) il termine aveva perso un digamma iniziale(lettera usata nel greco arcaico e caduta in disuso).
A questo punto è lecito pensare che Wilusa sia proprio l'omerica città di Troia.
Gli Ahhiyawa
Inoltre quelle che potrebbero sembrare coincidenze linguistiche sono molto di più, molti testi ci citano gli Ahhiyawa, essi non sono altro che una popolazione che regnava sull'Egeo, ossia gli Achei.
I testi ittiti citano altri suggestivi nomi, come quello di Piyama-Radu, che desiderava diventare il re di Wilusa, a questo punto si noti l'assonanza con il re Priamo. In altre tavolette si parla di Pari-Zitis (Parise?) e di Alaksandu(Alessandro altro nome del Paride omerico) che combatte proprio contro gli Ahhiyawa (Achei), viene citato Attarissiya, ( Atreo o Atride, il patronimico di Agamennone). In conclusione anche se giustamente possiamo dubitare circa la storicità della guerra narrata da Omero, non possiamo ignorare che nel II sec esisteva una citta Wilusa che ebbe rapporti importanti con l'impero ittita e con le civiltà Micenee.
#AccadeOggi #Cina #XXsecolo
1912 Abdicazione dell'ultimo imperatore Pu Yi
Già all'inizio del XX secolo iniziarono ad esservi ribellioni di massa in Cina, fino al 1908 aveva tenuto le redini dello stato l'ultratradizionalista imperatrice Cixi, che per conservare il potere non aveva esistato a estromettere il nipote imperatore Guangxu che tentò di riammodernare il paese con la riforma dei 100 giorni. Nel 1901 ,dopo 47 anni di potere anche l'imperatrice Cixi fu costretta a rinunciare al potere e l'impero passò all'imperatore bambino Pu Yi, incoronato dalla stessa Cixi. Il padre del giovanissimo imperatore Zaifeng il principe Chu divenne reggente dello stato e allontanò alcuni dei vecchi membri del consiglio.
A seguito della rivolta di Wuchang del 10 ottobre 1911, scoppiò una rivoluzione che in poco tempo coinvolse tutto il paese. La rivoluzione scoppiò quasi per caso, tuttavia la situazione degenerò rapidamente e il governo centrale sottovalutò la situazione e ben presto da quelle che erano piccole defezioni si formarono assemblee popolari e a que p si aggiunsero anche dei piccoli schieramenti dell'esercito che si schierarono contro gli insorti.
Dopo un primo momento di sbando le forze realiste furono affidate a Yuan Shi-kai, che era stato allontanato dopo la morte dell'imperatrice Cixi, egli a capo di un nuovo gabinetto di governo chiese la rimozione dalla reggenza del principi Zeifung. Accolte queste richieste, Yuan Shi-kai si confrontò con i suoi ufficiali, e decise di non intraprendere una costosa e inutile guerra con il governo ribelle di Sun Yat-sen. Da queste trattative nacque la repubblica cinese e il 12 Febbraio l'imperatore bambino Pu Yi firmo l'abdicazione, mantenendo il titolo di imperatore della città proibita.
Parte di questa vicenda è stata ripresa dal film "L'ultimo imperatore" ispirato dall'autobiografia dello stesso Pu Yi.
1912 Abdicazione dell'ultimo imperatore Pu Yi
Già all'inizio del XX secolo iniziarono ad esservi ribellioni di massa in Cina, fino al 1908 aveva tenuto le redini dello stato l'ultratradizionalista imperatrice Cixi, che per conservare il potere non aveva esistato a estromettere il nipote imperatore Guangxu che tentò di riammodernare il paese con la riforma dei 100 giorni. Nel 1901 ,dopo 47 anni di potere anche l'imperatrice Cixi fu costretta a rinunciare al potere e l'impero passò all'imperatore bambino Pu Yi, incoronato dalla stessa Cixi. Il padre del giovanissimo imperatore Zaifeng il principe Chu divenne reggente dello stato e allontanò alcuni dei vecchi membri del consiglio.
A seguito della rivolta di Wuchang del 10 ottobre 1911, scoppiò una rivoluzione che in poco tempo coinvolse tutto il paese. La rivoluzione scoppiò quasi per caso, tuttavia la situazione degenerò rapidamente e il governo centrale sottovalutò la situazione e ben presto da quelle che erano piccole defezioni si formarono assemblee popolari e a que p si aggiunsero anche dei piccoli schieramenti dell'esercito che si schierarono contro gli insorti.
Dopo un primo momento di sbando le forze realiste furono affidate a Yuan Shi-kai, che era stato allontanato dopo la morte dell'imperatrice Cixi, egli a capo di un nuovo gabinetto di governo chiese la rimozione dalla reggenza del principi Zeifung. Accolte queste richieste, Yuan Shi-kai si confrontò con i suoi ufficiali, e decise di non intraprendere una costosa e inutile guerra con il governo ribelle di Sun Yat-sen. Da queste trattative nacque la repubblica cinese e il 12 Febbraio l'imperatore bambino Pu Yi firmo l'abdicazione, mantenendo il titolo di imperatore della città proibita.
Parte di questa vicenda è stata ripresa dal film "L'ultimo imperatore" ispirato dall'autobiografia dello stesso Pu Yi.
#curiosità #letteratura
Sfatato il mito di Leopardi depresso
Per molti anni generazioni di studenti apostrofavano il giovane poeta recanatese come un gobbo depresso che odiava la vita, fino ad apostrofarlo nel peggiore dei modi.
Nuovi sviluppi invece hanno dimostrato che il giovane Leopardi soffriva di una rarissima malattia genetica.
Il neochirurgo dell'ospedale Bicocca di Milano Sgarlenza nel suo libro "malattia e morte di Giacomo Leopardi " sostiene una tesi a quella che vedeva il giovane letterato affetto da morbo di Pott o spondilite tubercolare. ( derivante da un microbatterio che diffondendosi nei tessuti intervertebrali li distrugge riducendo la distanza tra le vertebre causando dolori e gibbo)
Sgarlenza dopo lo studio di tutte le lettere di Leopardi, egli stesso ne possiede alcune originali essendo un appassionato della letteratura dell'ottocento, è giunto alla conclusione che la malattia di cui soffriva Leopardi fosse la spondilite anchilopoietica giovanile.
La malattia di Leopardi
( La spondilite anchilopoietica colpisce soggetti geneticamente predisposti, nelle cartilagini vi è un infiltrazione di sostanze del sistema immunitario che se non curate creano delle cicatrizzazioni creando dei ponti ossei che deformano la colonna vertebrale causando complicanze sempre più gravi nel tempo. )
Il Dubbio della depressione psicotica.
Ad avvalorare la tesi del neurologo vi sono le testimonianze scritte del marchese Solari che descrivono come Leopardi da bambino fosse un bambino vivace e in buono stato si salute e come la sua condizione fosse mutata dai 16 anni in su, proprio per l'insorgenza di questa malattia. Inoltre proprio questi studi escludono categoricamente la depressione psicotica incompatibile secondo Sgarleza in un soggetto come Leopardi. Inveve sostiene sempre il medico come la spontilite anchilosante incida sul carattere del soggetto che ne è affetto.
(Foto tratta dal film "Il giovane favoloso")
Sfatato il mito di Leopardi depresso
Per molti anni generazioni di studenti apostrofavano il giovane poeta recanatese come un gobbo depresso che odiava la vita, fino ad apostrofarlo nel peggiore dei modi.
Nuovi sviluppi invece hanno dimostrato che il giovane Leopardi soffriva di una rarissima malattia genetica.
Il neochirurgo dell'ospedale Bicocca di Milano Sgarlenza nel suo libro "malattia e morte di Giacomo Leopardi " sostiene una tesi a quella che vedeva il giovane letterato affetto da morbo di Pott o spondilite tubercolare. ( derivante da un microbatterio che diffondendosi nei tessuti intervertebrali li distrugge riducendo la distanza tra le vertebre causando dolori e gibbo)
Sgarlenza dopo lo studio di tutte le lettere di Leopardi, egli stesso ne possiede alcune originali essendo un appassionato della letteratura dell'ottocento, è giunto alla conclusione che la malattia di cui soffriva Leopardi fosse la spondilite anchilopoietica giovanile.
La malattia di Leopardi
( La spondilite anchilopoietica colpisce soggetti geneticamente predisposti, nelle cartilagini vi è un infiltrazione di sostanze del sistema immunitario che se non curate creano delle cicatrizzazioni creando dei ponti ossei che deformano la colonna vertebrale causando complicanze sempre più gravi nel tempo. )
Il Dubbio della depressione psicotica.
Ad avvalorare la tesi del neurologo vi sono le testimonianze scritte del marchese Solari che descrivono come Leopardi da bambino fosse un bambino vivace e in buono stato si salute e come la sua condizione fosse mutata dai 16 anni in su, proprio per l'insorgenza di questa malattia. Inoltre proprio questi studi escludono categoricamente la depressione psicotica incompatibile secondo Sgarleza in un soggetto come Leopardi. Inveve sostiene sempre il medico come la spontilite anchilosante incida sul carattere del soggetto che ne è affetto.
(Foto tratta dal film "Il giovane favoloso")
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#AccadeOggi #Pacifico #WWII
1945 - Issata la bandiera americana sul monte Suribachi (Battaglia di Iwo Jima)
La battaglia di Iwo jima si svolse nell'omonima isola del pacifico, tra l'impero giapponese e le truppe americane.
Iwo Jima
L'isola insieme a quella di Okinawa rappresentavano le porte del Giappone, in quanto in posizione avanzata rispetto al resto dell'isola, essa si trova a circa 1000 km da Tokio. L'isola inoltre fungeva letteralmente da sentinella per gli attacchi aerei statunitensi diretti verso il Giappone inoltre erano presenti 3 aereopprti militari e un rifugio per le unità navali in riparazione. L'isola dopo le disastrose battaglie nel Pacifico e vista l'avanzata americana era stata fortificata pronta per resistere ad un tentativo di invasione.
Strategie e Battaglia
La strategia difensiva giapponese si basava su due linee di fortificazioni intorno al monte Suribachi, che costituiva uno dei punti cardine della difesa giapponese che intelligente sfruttava le asperità naturali dell'isola.
La battaglia inizio con un bombardamento dell'isola da parte delle forze statunitensi che tuttavia si rivelo deludente e che inflisse modesti danni alle fortificazioni giapponesi. Il primo giorno di sbarco fu difficile a causa delle condizioni dell'isola: la sabbia fece sprofondare i mezzi cingolati fino a non riuscire più a farli muovere, e la forte risacca faceva cozzare i mezzi da sbarco tra loro danneggiandone molti irreparabilmente. Le perdite del primo giorno ammontarono a circa 600 uomini.
I successivi giorni furono difficili e le forze americana avanzarono di poco più di 200 metri al giorno, i bunker giapponesi erano ben protetti e non risentivano dei colpi di artiglieria, rendendone così difficile la distruzione. Le varie battaglie furono aspre e i Giapponesi opposero una strenua resistenza con attacchi e sortite notturne.
Il Suribachi venne preso il 23 Febbraio all'alba, un gruppo di Marines si inerpicò sulla vetta del monte innalzando una piccola bandiera americana. Anche dopo la conquista del Suribachi gran parte dell'isola era occupata dai Giapponesi e i Marines avanzarono di poche centinaia di metri a carro prezzo. Difficoltosa fù la distruzione delle casematte che venivano inondate di gas e liquido incendiario e poi fatte saltare dai genieri per evitare che i giapponesi sfruttando la fitta rete di tunnel, li rioccupassero attaccando alle spalle.
Il 16 marzo rimanevano ancora 500 giapponesi asserragliati nei pressi di punta Kitano, nella notte tra il 25/26 Marzo i superstiti (300 circa) tentarono un ultimo assalto all'arma bianca, sfruttando dei tunnel non ancora distrutti, attaccarono militari statunitensi alle spalle tuttavia dopo un estenuante combattimento circa 233 Giapponesi morirono. L'isola venne definitivamente liberata tra Aprile e Maggio.
1945 - Issata la bandiera americana sul monte Suribachi (Battaglia di Iwo Jima)
La battaglia di Iwo jima si svolse nell'omonima isola del pacifico, tra l'impero giapponese e le truppe americane.
Iwo Jima
L'isola insieme a quella di Okinawa rappresentavano le porte del Giappone, in quanto in posizione avanzata rispetto al resto dell'isola, essa si trova a circa 1000 km da Tokio. L'isola inoltre fungeva letteralmente da sentinella per gli attacchi aerei statunitensi diretti verso il Giappone inoltre erano presenti 3 aereopprti militari e un rifugio per le unità navali in riparazione. L'isola dopo le disastrose battaglie nel Pacifico e vista l'avanzata americana era stata fortificata pronta per resistere ad un tentativo di invasione.
Strategie e Battaglia
La strategia difensiva giapponese si basava su due linee di fortificazioni intorno al monte Suribachi, che costituiva uno dei punti cardine della difesa giapponese che intelligente sfruttava le asperità naturali dell'isola.
La battaglia inizio con un bombardamento dell'isola da parte delle forze statunitensi che tuttavia si rivelo deludente e che inflisse modesti danni alle fortificazioni giapponesi. Il primo giorno di sbarco fu difficile a causa delle condizioni dell'isola: la sabbia fece sprofondare i mezzi cingolati fino a non riuscire più a farli muovere, e la forte risacca faceva cozzare i mezzi da sbarco tra loro danneggiandone molti irreparabilmente. Le perdite del primo giorno ammontarono a circa 600 uomini.
I successivi giorni furono difficili e le forze americana avanzarono di poco più di 200 metri al giorno, i bunker giapponesi erano ben protetti e non risentivano dei colpi di artiglieria, rendendone così difficile la distruzione. Le varie battaglie furono aspre e i Giapponesi opposero una strenua resistenza con attacchi e sortite notturne.
Il Suribachi venne preso il 23 Febbraio all'alba, un gruppo di Marines si inerpicò sulla vetta del monte innalzando una piccola bandiera americana. Anche dopo la conquista del Suribachi gran parte dell'isola era occupata dai Giapponesi e i Marines avanzarono di poche centinaia di metri a carro prezzo. Difficoltosa fù la distruzione delle casematte che venivano inondate di gas e liquido incendiario e poi fatte saltare dai genieri per evitare che i giapponesi sfruttando la fitta rete di tunnel, li rioccupassero attaccando alle spalle.
Il 16 marzo rimanevano ancora 500 giapponesi asserragliati nei pressi di punta Kitano, nella notte tra il 25/26 Marzo i superstiti (300 circa) tentarono un ultimo assalto all'arma bianca, sfruttando dei tunnel non ancora distrutti, attaccarono militari statunitensi alle spalle tuttavia dopo un estenuante combattimento circa 233 Giapponesi morirono. L'isola venne definitivamente liberata tra Aprile e Maggio.
#Curiosità #approfondimenti #Romaantica #repubblica
Fare carriera nell'antica Roma
Per fare carriera nella Roma repubblicana non bastava solo essere ricco e provenire da una famiglia aristocratica, ma bisognava seguire un percorso prestabilito scandito nel tempo, ovviamente non mancavano i favoritismi ma era necessario seguire il Cursus Honorum.
Chi poteva accedere alle magistrature ?
I cives ingenui, ossia i cittadini liberi con cittadinanza romana, esclusi liberti e schiavi, i peregrini e gli italici dei municipi.
L'inizio della carriera
Le principali magistrature in ordine erano: questura, edilità,
tribunato, pretura, censura e consolato. Ognuna di queste magistrature aveva un età minima per l'elezione, la carriera del giovane cittadino iniziava con un servizio militare obbligatorio a 17 anni, in genere tra gli equites, alcuni riuscivano a ricoprire anche la carica di tribuno militare, ufficiali di stato maggiore che affiancavano il legatus legionis. Dopo il servizio militare iniziava la vera e propria carriera politica, il primo gradino era quello di Questore. I questori eletti dai "comitia tributa" si occupavano della gestione del tesoro, essi erano riconoscibili per la toga bordata di rosso ma non avevano la scorta dei littori che spettava invece ai soli consoli.
Il secondo gradino nella scalata al potere era la carica di edile, gli edili erano 4,due plebei e due patrizi, essi si occupavano degli affari interni di Roma, dalla manutenzione degli edifici pubblici,delle infrastrutture al dirimere controversie in ambito commerciale infine si occupavano dell'ordine pubblico.
Il tribunato della plebe era invece una carica nata con l'intento di tutelare i diritti dei cittadini comuni, il tribuno della plebe era dotato di potere di veto sugli atti del senato e godeva dell'inviolabilitá della sua persona "la sacrosanctitas".
Il pretore era la seconda carica per importanza dopo quella del consolato . Il pretore aveva potere di imperium,cioè di comandare l'esercito in assenza di entrambi i consoli, inoltre i pretori presiedevano i tribunali. C'è da sapere che alcuni pretori con l'espansione di Roma iniziarono a ricoprire la carica di governatore delle province.
La carica più importante di tutte era senza dubbio il consolato, I consoli, due, erano eletti ogni 12 mesi, durante il loro mandato uno dei due era di volta in volta superiore all'altro, se uno dei due moriva durante il mandato veniva eletto un altro console per la restante durata della carica. I consoli godevano di imperium, massimo potere militare, e avevano il compito di adunare l'esercito,essi inoltre erano anche a capo della diplomazia romana, infatti durante le campagne militari essi avevano potere assoluto sui soldati.
Potevano essere rieletti dopo 10 anni ma nella storia di Roma non mancarono le eccezioni (Gaio Mario ricoprì il consolato per 5 anni di fila).
I censori erano in genere eletti tra gli ex consoli non godevano di imperium ma erano comunque magistrati molto importanti per via della delicata funzione a cui essi assolvevano. Infatti i censori si occupavano del censimento della popolazione e potevano nominare nuovi senatori o escluderne altri. Infine si occupavano della moralità e del buon costume, la carica di censore esigeva il massimo rigore morale.
Il dictator una magistratura speciale.
Quando pensiamo al dictator dobbiamo sgomberare la nostra mente dal significato moderno del termine.
Il dictator era un magistrato eletto solo in caso di massimo pericolo per lo stato, egli non poteva restare in carica per il tempo che desiderava ma doveva rimettere i poteri dopo 6 mesi o comunque passato il pericolo per la patria, gli altri magistrati restavano in carica, compresi i consoli solo che erano subordinati alla sua autorità. Uno dei dictator più esemplari di Roma fu Cincinnato che passato il momento di pericolo per la patria rimise i suoi poteri, l'ultimo dittatore di Roma fu Giulio Cesare.
Fare carriera nell'antica Roma
Per fare carriera nella Roma repubblicana non bastava solo essere ricco e provenire da una famiglia aristocratica, ma bisognava seguire un percorso prestabilito scandito nel tempo, ovviamente non mancavano i favoritismi ma era necessario seguire il Cursus Honorum.
Chi poteva accedere alle magistrature ?
I cives ingenui, ossia i cittadini liberi con cittadinanza romana, esclusi liberti e schiavi, i peregrini e gli italici dei municipi.
L'inizio della carriera
Le principali magistrature in ordine erano: questura, edilità,
tribunato, pretura, censura e consolato. Ognuna di queste magistrature aveva un età minima per l'elezione, la carriera del giovane cittadino iniziava con un servizio militare obbligatorio a 17 anni, in genere tra gli equites, alcuni riuscivano a ricoprire anche la carica di tribuno militare, ufficiali di stato maggiore che affiancavano il legatus legionis. Dopo il servizio militare iniziava la vera e propria carriera politica, il primo gradino era quello di Questore. I questori eletti dai "comitia tributa" si occupavano della gestione del tesoro, essi erano riconoscibili per la toga bordata di rosso ma non avevano la scorta dei littori che spettava invece ai soli consoli.
Il secondo gradino nella scalata al potere era la carica di edile, gli edili erano 4,due plebei e due patrizi, essi si occupavano degli affari interni di Roma, dalla manutenzione degli edifici pubblici,delle infrastrutture al dirimere controversie in ambito commerciale infine si occupavano dell'ordine pubblico.
Il tribunato della plebe era invece una carica nata con l'intento di tutelare i diritti dei cittadini comuni, il tribuno della plebe era dotato di potere di veto sugli atti del senato e godeva dell'inviolabilitá della sua persona "la sacrosanctitas".
Il pretore era la seconda carica per importanza dopo quella del consolato . Il pretore aveva potere di imperium,cioè di comandare l'esercito in assenza di entrambi i consoli, inoltre i pretori presiedevano i tribunali. C'è da sapere che alcuni pretori con l'espansione di Roma iniziarono a ricoprire la carica di governatore delle province.
La carica più importante di tutte era senza dubbio il consolato, I consoli, due, erano eletti ogni 12 mesi, durante il loro mandato uno dei due era di volta in volta superiore all'altro, se uno dei due moriva durante il mandato veniva eletto un altro console per la restante durata della carica. I consoli godevano di imperium, massimo potere militare, e avevano il compito di adunare l'esercito,essi inoltre erano anche a capo della diplomazia romana, infatti durante le campagne militari essi avevano potere assoluto sui soldati.
Potevano essere rieletti dopo 10 anni ma nella storia di Roma non mancarono le eccezioni (Gaio Mario ricoprì il consolato per 5 anni di fila).
I censori erano in genere eletti tra gli ex consoli non godevano di imperium ma erano comunque magistrati molto importanti per via della delicata funzione a cui essi assolvevano. Infatti i censori si occupavano del censimento della popolazione e potevano nominare nuovi senatori o escluderne altri. Infine si occupavano della moralità e del buon costume, la carica di censore esigeva il massimo rigore morale.
Il dictator una magistratura speciale.
Quando pensiamo al dictator dobbiamo sgomberare la nostra mente dal significato moderno del termine.
Il dictator era un magistrato eletto solo in caso di massimo pericolo per lo stato, egli non poteva restare in carica per il tempo che desiderava ma doveva rimettere i poteri dopo 6 mesi o comunque passato il pericolo per la patria, gli altri magistrati restavano in carica, compresi i consoli solo che erano subordinati alla sua autorità. Uno dei dictator più esemplari di Roma fu Cincinnato che passato il momento di pericolo per la patria rimise i suoi poteri, l'ultimo dittatore di Roma fu Giulio Cesare.