Forwarded from Il Veritiero
"Le feste avvengono in un tempo sacro, cioè nell'eternità, come fa notare Mauss. Ma vi sono feste periodiche -sicuramente le più importanti- che lasciano intravedere qualcosa di più: il desiderio di abolire il tempo profano già trascorso e di instaurare un "tempo nuovo". In altri termini, le feste periodiche che chiudono un ciclo temporaneo e ne aprono uno nuovo, intraprendono una rigenerazione del tempo."
Mircea Eliade
Mircea Eliade
Come un'ape cerca il nettare
da tutti i tipi di fiore,
si cerchino gli insegnamenti dovunque;
come un cervo che va a trovare
un posto tranquillo per pascolare,
si cerchi la solitudine, per digerire
tutto quello che si è raccolto.
Come un pazzo,
al di là di ogni limite,
si vada ovunque piaccia,
vivendo come il leone,
libero da tutte le paure.
Namkhai Norbu, Il cristallo e la via della luce
da tutti i tipi di fiore,
si cerchino gli insegnamenti dovunque;
come un cervo che va a trovare
un posto tranquillo per pascolare,
si cerchi la solitudine, per digerire
tutto quello che si è raccolto.
Come un pazzo,
al di là di ogni limite,
si vada ovunque piaccia,
vivendo come il leone,
libero da tutte le paure.
Namkhai Norbu, Il cristallo e la via della luce
Cad Goddeu
Francesco Benozzo, Fabio Bonvicini
Cad Goddeu
"La battaglia degli alberi"
Llyffan du gaflaw.
Cant ewin arnaw.
Neidyr vreith gribawc.
Cant eneit trwy bechawt
Aboenir yny chnawt.
Bum ygkaer uefenhit.
Yt gryssynt wellt gawyd.
Kenynt gerdoryon
...
Pan swynhwyt godeu.
Y gobeith an godeu.
Dygottorynt godeu
O pedrydant tanheu.
Kwydynt am aereu.
Trychwn trymdieu.
Dyar gardei bun.
Tardei am atgun.
...
Llyffan du gaflaw.
Cant ewin arnaw.
Llyffan du gaflaw.
Llyfr Taliesin, VIII
"La battaglia degli alberi"
Llyffan du gaflaw.
Cant ewin arnaw.
Neidyr vreith gribawc.
Cant eneit trwy bechawt
Aboenir yny chnawt.
Bum ygkaer uefenhit.
Yt gryssynt wellt gawyd.
Kenynt gerdoryon
...
Pan swynhwyt godeu.
Y gobeith an godeu.
Dygottorynt godeu
O pedrydant tanheu.
Kwydynt am aereu.
Trychwn trymdieu.
Dyar gardei bun.
Tardei am atgun.
...
Llyffan du gaflaw.
Cant ewin arnaw.
Llyffan du gaflaw.
Llyfr Taliesin, VIII
Il libro segreto della sapienza per la longevità e la perfetta ricchezza
Firenze, Libreria Salvemini - 28 marzo 2025
Alessandro Boella e Antonella Galli hanno presentato il loro ultimo lavoro Il libro segreto della sapienza per la longevità e la perfetta ricchezza, edito da Mediterranee il giorno stesso della presentazione. Dopo un volume dedicato alla Confraternita dell’Aurea Rosacroce di origine italiana e uno alla Società dei Filosofi Incogniti fondata da Sendivogio, Alessandro Boella e Antonella Galli presentano un testo manoscritto del XVIII secolo proveniente da una Confraternita rosacruciana cattolica operante nel XVIII secolo nell’Impero austro-ungarico. Oltre a dimostrare inequivocabilmente l’esistenza di una Rosacroce cattolica e la continuità di una Tradizione ermetico-alchimica in seno a questa, esso sarà all’origine del sistema dottrinale sviluppato nell’Aurea catena Homeri (un testo fondamentale dei Rosacroce d’Oro tedeschi del XVIII secolo studiato da Goethe) nonché una delle fonti della Guida ermetico-filosofica di I. C. Vanderbeeg pubblicata nel 1739, e lo ritroveremo addirittura in una versione della quarta parte del celeberrimo Tesoro dei Tesori della Confraternita della Rosacroce d’Oro. L’opera è divisa in 4 parti. La prima comprende una serie di 13 bellissime figure simboliche a colori e di 13 canoni in rima che nel 1752 saranno oggetto di una pubblicazione anonima: Il figlio ermafrodita del Sole e della Luna. L’autore delle figure è Johann Augustin Brunnhofer, alchimista tedesco della seconda metà del XVII secolo; i canoni invece derivano per la maggior parte da un poema tedesco anonimo del XVI secolo. La seconda parte contiene una spiegazione dei canoni e delle figure, divisa in 25 capitoli, con i nomi delle materie, la descrizione del processo per ottenere la Tintura Filosofica e i Medicamenti divini del I, II e III ordine. La terza parte contiene l’Opera universale sinteticamente spiegata. La quarta parte contiene una serie di “processi alchimici particolari da elaborarsi con profitto” nonché le 14 regole, il giuramento e le preghiere della Confraternita.
https://m.youtube.com/watch?v=pp3EkKe31to
Firenze, Libreria Salvemini - 28 marzo 2025
Alessandro Boella e Antonella Galli hanno presentato il loro ultimo lavoro Il libro segreto della sapienza per la longevità e la perfetta ricchezza, edito da Mediterranee il giorno stesso della presentazione. Dopo un volume dedicato alla Confraternita dell’Aurea Rosacroce di origine italiana e uno alla Società dei Filosofi Incogniti fondata da Sendivogio, Alessandro Boella e Antonella Galli presentano un testo manoscritto del XVIII secolo proveniente da una Confraternita rosacruciana cattolica operante nel XVIII secolo nell’Impero austro-ungarico. Oltre a dimostrare inequivocabilmente l’esistenza di una Rosacroce cattolica e la continuità di una Tradizione ermetico-alchimica in seno a questa, esso sarà all’origine del sistema dottrinale sviluppato nell’Aurea catena Homeri (un testo fondamentale dei Rosacroce d’Oro tedeschi del XVIII secolo studiato da Goethe) nonché una delle fonti della Guida ermetico-filosofica di I. C. Vanderbeeg pubblicata nel 1739, e lo ritroveremo addirittura in una versione della quarta parte del celeberrimo Tesoro dei Tesori della Confraternita della Rosacroce d’Oro. L’opera è divisa in 4 parti. La prima comprende una serie di 13 bellissime figure simboliche a colori e di 13 canoni in rima che nel 1752 saranno oggetto di una pubblicazione anonima: Il figlio ermafrodita del Sole e della Luna. L’autore delle figure è Johann Augustin Brunnhofer, alchimista tedesco della seconda metà del XVII secolo; i canoni invece derivano per la maggior parte da un poema tedesco anonimo del XVI secolo. La seconda parte contiene una spiegazione dei canoni e delle figure, divisa in 25 capitoli, con i nomi delle materie, la descrizione del processo per ottenere la Tintura Filosofica e i Medicamenti divini del I, II e III ordine. La terza parte contiene l’Opera universale sinteticamente spiegata. La quarta parte contiene una serie di “processi alchimici particolari da elaborarsi con profitto” nonché le 14 regole, il giuramento e le preghiere della Confraternita.
https://m.youtube.com/watch?v=pp3EkKe31to
YouTube
A. Boella, A. Galli: "Il libro segreto della sapienza per la longevità e la perfetta ricchezza"
Firenze, Libreria Salvemini - 28 marzo 2025: Alessandro Boella e Antonella Galli hanno presentato il loro ultimo lavoro "Il libro segreto della sapienza per la longevità e la perfetta ricchezza", edito da Mediterranee il giorno stesso della presentazione.…
L'ALCHIMIA INDIANA
La teoria e la pratica dell'alchimia hindu si basano sul concetto di perfettibilità della materia, quale è presente sia nella metafisica emanazionista della filosofia del Vedānta sia in certi elementi della filosofia dualista del Sāṃkhya. Secondo la metafisica del Sāṃkhya, la prakṛti, la 'materia' dell'Universo, si è disgregrata in 25 categorie (tattva), che possono essere riportate alla loro originaria condizione unitaria. Pertanto la terra, il più basso dei cinque elementi materiali, può essere reintegrata nell'etere, l'elemento più elevato della serie, attraverso gli elementi intermedi: acqua, fuoco e aria. Questi cinque elementi materiali costituiscono una delle quattro gerarchie pentadiche omologhe; a questa serie si aggiungono le facoltà sensoriali, le facoltà d'azione e gli elementi sottili. Per esempio, la facoltà sensoriale dell'udito è omologa alla facoltà d'azione della parola, all'elemento sottile del suono e all'elemento materiale dell'etere. La stessa capacità delle categorie più alte delle gerarchie del Sāṃkhya ‒ di reintegrare, cioè, in sé stesse i loro prodotti evolutivi più bassi senza subire modificazioni ‒ vale per la gerarchia degli elementi (dhātu) dell'alchimia hindu. Secondo un'opera composta tra il 900 e il 1000 d.C., il Rasahṛdayatantra (Tantra del cuore dell'elemento essenziale) di Govinda, presumibilmente la più antica opera indiana d'alchimia, "le piante legnose sono assorbite nel piombo, il piombo nello stagno, e allo stesso modo lo stagno nel rame. Il rame [è assorbito] nell'argento, l'argento nell'oro, e l'oro è assorbito nel mercurio".
Una dinamica parallela è osservabile nel sistema dei cakra ('ruote') proprio del haṭhayoga hindu, una tradizione che emerse approssimativamente nello stesso periodo di quella alchimistica. Attraverso la pratica yogica, l'elemento terra del cakra più basso, il mūlādhāra ('supporto di base'), al livello dell'ano, è reintegrato o imploso nell'elemento acqua del secondo cakra, e così via sino all'elemento etere del quinto cakra, la viśuddhi ('purificazione'), al livello della gola.
Tutte queste categorie gerarchiche e combinatorie sono, a ogni modo, elementi della prakṛti ('materialità'), la quale è totalmente diversa dal puruṣa, lo 'spirito trascendente', l''anima', o 'sé', secondo il sistema del Sāṃkhya; è qui che i principî dell'alchimia hindu e il haṭhayoga corrispondono più da vicino a questa filosofia perenne dell'India. In entrambi i sistemi, è però il dio supremo Śiva, e non l'astratto puruṣa, a essere identificato con l'anima o sé trascendente. Nello śivaismo medievale degli Āgama (i testi rivelati), il fine della pratica non era divenire Śiva, ma arrivare a essere intimamente vicini a Śiva, o divenire come Śiva. Questo è anche il motto dell'alchimia hindu e del haṭhayoga, nei cui canoni testuali s'incontra ripetutamente l'espressione 'egli diviene un secondo Śiva'. In maniera analoga, la meta dell'alchimista non è divenire mercurio, ma divenire come mercurio, in grado cioè di trasmutare i metalli di base in oro e i corpi umani in corpi superumani.
David Gordon White
https://www.treccani.it/enciclopedia/scienza-indiana-periodo-classico-alchimia-e-tecniche-chimiche_%28Storia-della-Scienza%29/
La teoria e la pratica dell'alchimia hindu si basano sul concetto di perfettibilità della materia, quale è presente sia nella metafisica emanazionista della filosofia del Vedānta sia in certi elementi della filosofia dualista del Sāṃkhya. Secondo la metafisica del Sāṃkhya, la prakṛti, la 'materia' dell'Universo, si è disgregrata in 25 categorie (tattva), che possono essere riportate alla loro originaria condizione unitaria. Pertanto la terra, il più basso dei cinque elementi materiali, può essere reintegrata nell'etere, l'elemento più elevato della serie, attraverso gli elementi intermedi: acqua, fuoco e aria. Questi cinque elementi materiali costituiscono una delle quattro gerarchie pentadiche omologhe; a questa serie si aggiungono le facoltà sensoriali, le facoltà d'azione e gli elementi sottili. Per esempio, la facoltà sensoriale dell'udito è omologa alla facoltà d'azione della parola, all'elemento sottile del suono e all'elemento materiale dell'etere. La stessa capacità delle categorie più alte delle gerarchie del Sāṃkhya ‒ di reintegrare, cioè, in sé stesse i loro prodotti evolutivi più bassi senza subire modificazioni ‒ vale per la gerarchia degli elementi (dhātu) dell'alchimia hindu. Secondo un'opera composta tra il 900 e il 1000 d.C., il Rasahṛdayatantra (Tantra del cuore dell'elemento essenziale) di Govinda, presumibilmente la più antica opera indiana d'alchimia, "le piante legnose sono assorbite nel piombo, il piombo nello stagno, e allo stesso modo lo stagno nel rame. Il rame [è assorbito] nell'argento, l'argento nell'oro, e l'oro è assorbito nel mercurio".
Una dinamica parallela è osservabile nel sistema dei cakra ('ruote') proprio del haṭhayoga hindu, una tradizione che emerse approssimativamente nello stesso periodo di quella alchimistica. Attraverso la pratica yogica, l'elemento terra del cakra più basso, il mūlādhāra ('supporto di base'), al livello dell'ano, è reintegrato o imploso nell'elemento acqua del secondo cakra, e così via sino all'elemento etere del quinto cakra, la viśuddhi ('purificazione'), al livello della gola.
Tutte queste categorie gerarchiche e combinatorie sono, a ogni modo, elementi della prakṛti ('materialità'), la quale è totalmente diversa dal puruṣa, lo 'spirito trascendente', l''anima', o 'sé', secondo il sistema del Sāṃkhya; è qui che i principî dell'alchimia hindu e il haṭhayoga corrispondono più da vicino a questa filosofia perenne dell'India. In entrambi i sistemi, è però il dio supremo Śiva, e non l'astratto puruṣa, a essere identificato con l'anima o sé trascendente. Nello śivaismo medievale degli Āgama (i testi rivelati), il fine della pratica non era divenire Śiva, ma arrivare a essere intimamente vicini a Śiva, o divenire come Śiva. Questo è anche il motto dell'alchimia hindu e del haṭhayoga, nei cui canoni testuali s'incontra ripetutamente l'espressione 'egli diviene un secondo Śiva'. In maniera analoga, la meta dell'alchimista non è divenire mercurio, ma divenire come mercurio, in grado cioè di trasmutare i metalli di base in oro e i corpi umani in corpi superumani.
David Gordon White
https://www.treccani.it/enciclopedia/scienza-indiana-periodo-classico-alchimia-e-tecniche-chimiche_%28Storia-della-Scienza%29/
Secondo il grande mito di Er, l'uomo si sceglie il proprio daímon sulla base della propria storia personale, ricordando le vite che ha condotto.
L'uomo è libero soltanto nell'istante supremo della decisione. Per scorgere la libertà, si deve guardare all'istante della decisione. Nella decisione ci si determina, si è liberi; poi si è determinati da quella scelta, non si è più liberi. Tuttavia, per la cultura classica greca, la libertà dell'uomo non si esplica soltanto al momento della scelta del daímon. Nel corso della sua vita, l'uomo può essere libero attraverso la conoscenza. Egli è libero, cioè, di accumulare tutte le conoscenze necessarie affinché maturi la consapevolezza del destino che sta scegliendo nel momento supremo della decisione. La salvezza riposa sulla possibilità, da parte dell'uomo, di conoscere il suo destino, ovvero ciò che lo destina.
Solo la conoscenza può salvarmi - secondo un'immagine che ricorre in tutta la cultura ellenistica e latina - dal seguire il carro del destino in ceppi come uno schiavo oppresso. Ciò che è in mio potere - in questa prospettiva - non è sfuggire al destino, bensì conoscerlo, e, avendolo conosciuto, seguirlo volentieri e non in catene come gli schiavi che vanno dietro al carro dei vincitori. La libertà consiste, quindi, nell'intelligere Deum, ovvero nel comprendere ciò che è necessario. La libertà si esplica là dove ci si armonizza a ciò che è necessario, al lógos, alla ragione che pervade tutto il cosmo. Essendo conoscibile la necessità delle cose, si può essere liberi formandosi una ragione del tutto.
Se la libertà consiste nel farsi una ragione del lógos che pervade tutto il cosmo, il male non ha più una consistenza ontologica propria.
Massimo Cacciari
https://m.youtube.com/watch?v=bdRggm843pQ&pp=0gcJCdgAo7VqN5tD
http://www.caffeeuropa.it/attualita/61filosofia-cacciari.html
L'uomo è libero soltanto nell'istante supremo della decisione. Per scorgere la libertà, si deve guardare all'istante della decisione. Nella decisione ci si determina, si è liberi; poi si è determinati da quella scelta, non si è più liberi. Tuttavia, per la cultura classica greca, la libertà dell'uomo non si esplica soltanto al momento della scelta del daímon. Nel corso della sua vita, l'uomo può essere libero attraverso la conoscenza. Egli è libero, cioè, di accumulare tutte le conoscenze necessarie affinché maturi la consapevolezza del destino che sta scegliendo nel momento supremo della decisione. La salvezza riposa sulla possibilità, da parte dell'uomo, di conoscere il suo destino, ovvero ciò che lo destina.
Solo la conoscenza può salvarmi - secondo un'immagine che ricorre in tutta la cultura ellenistica e latina - dal seguire il carro del destino in ceppi come uno schiavo oppresso. Ciò che è in mio potere - in questa prospettiva - non è sfuggire al destino, bensì conoscerlo, e, avendolo conosciuto, seguirlo volentieri e non in catene come gli schiavi che vanno dietro al carro dei vincitori. La libertà consiste, quindi, nell'intelligere Deum, ovvero nel comprendere ciò che è necessario. La libertà si esplica là dove ci si armonizza a ciò che è necessario, al lógos, alla ragione che pervade tutto il cosmo. Essendo conoscibile la necessità delle cose, si può essere liberi formandosi una ragione del tutto.
Se la libertà consiste nel farsi una ragione del lógos che pervade tutto il cosmo, il male non ha più una consistenza ontologica propria.
Massimo Cacciari
https://m.youtube.com/watch?v=bdRggm843pQ&pp=0gcJCdgAo7VqN5tD
http://www.caffeeuropa.it/attualita/61filosofia-cacciari.html
YouTube
Massimo Cacciari sulla liberta
La coscienza, l'unica fonte del reale
La risposta di Faggin al fallimento della pretesa totalitaria della fisica classica e determinista è un ritorno ad una scienza che parta dall’uomo, anziché dalla materia. Il postulato è semplice: bisogna porre come fondamento della teoria del mondo quegli aspetti così terribilmente umani che non sappiamo spiegare, come la coscienza o il libero arbitrio, e insediarli nella teoria matematica della fisica quantistica. Se si unisce materia e spirito, si arriva ad un sistema assai più perfetto di quello classico, che ha ben cinque domande che non sa risolvere e deve accantonare: perché esiste l’universo, e che senso ha; perché l’universo ha un ordine e come ci è giunto; come è emersa la vita; che cosa sia la coscienza e perché esista; gli organi coscienti sono o no dotati di libero arbitrio, e perché. Faggin propone una filosofia ed una fisica in cui rimane irrisolta solo la domanda dell’Origine, che comprensibilmente è di difficile risoluzione.
La via di Faggin pesca a piene mani nell’armamentario della tradizione occidentale, ed esplicitamente si definisce panpsichista: la radice fisica dell’universo è cosciente e libera, in modi e forme che nell’esperienza della vita e dell’uomo trovano un livello complesso ma non esaustivo. La matrice stessa dell’essere potrebbe essere una sostanza cosciente e che cerca di conoscersi – così si risolvono i problemi dello scopo dell’universo, del suo evolversi non secondo logiche lineari, e quegli strani bug della coscienza e del libero arbitrio. Questa è la tradizione di Giordano Bruno e del suo Dio in tutto, di Hegel con il suo Spirito autocosciente, della grande teleologia tomistica.
https://www.dissipatio.it/la-coscienza-lunica-fonte-del-reale/
La risposta di Faggin al fallimento della pretesa totalitaria della fisica classica e determinista è un ritorno ad una scienza che parta dall’uomo, anziché dalla materia. Il postulato è semplice: bisogna porre come fondamento della teoria del mondo quegli aspetti così terribilmente umani che non sappiamo spiegare, come la coscienza o il libero arbitrio, e insediarli nella teoria matematica della fisica quantistica. Se si unisce materia e spirito, si arriva ad un sistema assai più perfetto di quello classico, che ha ben cinque domande che non sa risolvere e deve accantonare: perché esiste l’universo, e che senso ha; perché l’universo ha un ordine e come ci è giunto; come è emersa la vita; che cosa sia la coscienza e perché esista; gli organi coscienti sono o no dotati di libero arbitrio, e perché. Faggin propone una filosofia ed una fisica in cui rimane irrisolta solo la domanda dell’Origine, che comprensibilmente è di difficile risoluzione.
La via di Faggin pesca a piene mani nell’armamentario della tradizione occidentale, ed esplicitamente si definisce panpsichista: la radice fisica dell’universo è cosciente e libera, in modi e forme che nell’esperienza della vita e dell’uomo trovano un livello complesso ma non esaustivo. La matrice stessa dell’essere potrebbe essere una sostanza cosciente e che cerca di conoscersi – così si risolvono i problemi dello scopo dell’universo, del suo evolversi non secondo logiche lineari, e quegli strani bug della coscienza e del libero arbitrio. Questa è la tradizione di Giordano Bruno e del suo Dio in tutto, di Hegel con il suo Spirito autocosciente, della grande teleologia tomistica.
https://www.dissipatio.it/la-coscienza-lunica-fonte-del-reale/
Dissipatio
La coscienza, l'unica fonte del reale
In “Irriducibile” (Mondadori, 2022) Federico Faggin racconta il suo viaggio, un percorso che lo porta lontano dalla fede nei suoi transistor, verso la via di Plotino, Meister Eckart e San Paolo.
Media is too big
VIEW IN TELEGRAM
Kwaidan (1964) di Masaki Kobayashi
Proprio nella luce c'è l'oscurità,
ma non affrontarla come oscurità;
proprio nell'oscurità c'è la luce,
ma non vederla come luce.
Luce e oscurità sono in rapporto l'una con l'altra,
come i passi in avanti e indietro.
Sekitō Kisen (700–790)
參同契 Sandōkai
Proprio nella luce c'è l'oscurità,
ma non affrontarla come oscurità;
proprio nell'oscurità c'è la luce,
ma non vederla come luce.
Luce e oscurità sono in rapporto l'una con l'altra,
come i passi in avanti e indietro.
Sekitō Kisen (700–790)
參同契 Sandōkai
La forma è vuoto; il vuoto è forma. Il vuoto non è diverso dalla forma; la forma non è diversa dal vuoto. Quanto è forma – quello è vuoto. Quanto è vuoto – quello è forma ... Percezione, nome, concetto e conoscenza sono anch’essi vuoto ... Non c’è occhio, orecchio, naso, lingua, corpo o mente ... Ma una volta distrutto l’involucro della coscienza, allora il ricercatore si libera di ogni paura e, giunto al di là del mutamento, gode il Nirvāṇa finale.
Maka hannya haramitta shingyō
摩訶般若波羅蜜多心経
Prajñāpāramitāṛdayasūtra
Il sūtra del cuore della Perfezione della saggezza
Maka hannya haramitta shingyō
摩訶般若波羅蜜多心経
Prajñāpāramitāṛdayasūtra
Il sūtra del cuore della Perfezione della saggezza