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Leggiadre pulzelle, cogliendo gagliarde li ambiti frutti «Mirate quanti cara amica! Quivi a mazzi si colgon li bei augelli dei ragazzi!», e sì dicendo di foga molti ne contendono ma pudicamente sotto veste li rendono, giacché poco distante la esperta dama le osserva ma detenendo mano assai più certa, «piccole sciocche, la quantità voi ricercate, ma quivi invece mirate lo mio bel cesto ricolmo di grosse portate, sicché sempre la qualità più s'abbisogna nell'anzianità!»

(Didascalia di Matteo M.)
Lo pover uomo, sdraiato ma un poco retto, disperato mal giace a letto. Soggiunge ivi lo suo amico, che contrito e un poco guercio «che mal tenete, mio buon sodale, v'è forse scomodo quel ripido guanciale?»
«Ma non mirate» rispondendo singhiozzante, «quivi solo rimasi senza più innamorate!»
«Buon amico, assai stolto sembrate, forse dimenticate la tonsura in capo che vi fa frate? So io qual amori voi mendicate, ma non temete, quivi reco gran larga e lunga zucca, affinché possiate ancor sentirvi come deflorata mucca!»

(Didascalia di Matteo M.)
Astiosa e affamata la popolana osserva e smania, «tu lì ti ergi a gran sovrano, ma de lo mio pasto sarai lo più pacchiano!»
Lo regal pollo lo becchime osserva sentendo già lo petto come in tavola si serva, «vil strega quivi mi lega, ma avvicinati pure e sentirai fra le carni le mie fauci dure!»
Di sì tal gallinaceo sguardo la donna non si cura, e fra li polli a pedate si avventura, «a voi invece in pace giungo, ma se ancor beccate lo mio gran pié, all'ingrasso vi metto come dei polli lo gran re!»

(Didascalia di Matteo M.)
"Gemiti, lamenti, preghiere, invocazioni e imprecazioni, accolsero le orecchie mie. Mi recai da lo infermo più sveglio e rumoroso dapprima, nemmeno mi curai di domandar qual male lo affliggesse, gli feci bere una de le pozioni. Si lamentò dello sapore ma senza accusar cambiamenti di sorta. Tentai co la seconda.
Osservai qualche momento lo volto suo, lo vidi mutar ne lo colore ed espressione ed in breve cessarono li lamenti suoi. Attimi di timore mi si infusero ne lo core, dubbioso se addormentato, o se morto fosse.
«Che gli avete fatto?» udii la fanciulla da la soglia. Trasalii e mi ersi in piedi in uno scatto, fissandola dubbioso.
«Oh, perdonate nobil signore. Dopo tanto tempo passato a curarmi di loro tutti, non ho saputo trattener la mia volontà di tornar a controllar. Non per mancanza d fiducia in voi, ma per abitudine» si giustificò ella, «ma ditemi, che avete compiuto? Tra li più lamentosi e rumorosi sempre s’è distinto lui» indicando lo corpo a li piedi miei.
«Non temete, mia gentil dama, ben due le pozioni dategli, una per la cura, ed una seconda per la calma e lo sonno. Dormendo, la prima ben meglio agirà!» ebbi la prontezza di rispondere.
«Ma voi non più indugiate, andate, e una volta pronta aspettatemi oltre lo cortile de monastero, troverete lo cavallo mio legato presso li cancelli, attendetemi senza indugio» le comandai accompagnandola fuori, assicurandomi poi che cotesta volta andasse davvero.
Potei or dunque verificar lo timore mio, scoprendo la terribile verità, che nuova visione mi diede: lo malato, non più moribondo era, ma bensì interamente morto.
Mi alzai, riflettendo su lo meglio da compier per raggiunger lo scopo mio. Rimirai li giacigli tutti, e li corpi in agonia, per lo più semi dormienti taluni, e molti altri senza dubbio in fin di vita. Presi la decisione. Estrassi la fedel spada, sempre a lo fianco mio, e tutto chiaro apparve innanzi a me. Nessuno avrebbe potuto più far nulla per loro."


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Lo smanioso sovrano, supplice ed ormai anziano, la contessa importuna affinché di carnal notti se ne consumi almeno una. Ma la regina, abbandonata nello regal scarlatto letto, sola certo non giace e fra le braccia dello domestico gnomo si compiace.
V'è tuttavia un villico assai celato, che su li torrioni fra rami si nasconde e tace, poiché d'entrambe scene dall'alto si fa beato e con sé stesso si affaccenda accaldato.

(Didascalia di Matteo M.)
Qualora dame e cavalieri qual voi siete o foste, agognaste mai lo amabil discorrere di saltuaria compagnia, di buon grado a voi quivi nello correlato gruppo entrar si concede!

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«Lo villano non puote esser cavaliere!» Dicevan le nobili schiere, ma quivi lo villico ha pensato, «se di cavallo non posso scorrazzar, lo buon pavone-sauro mi può scarrozzar!» Sicché accadde che lo risentito bifolco, in sella a lo mostruoso ronzino, vagasse per lo bosco inneggiando a sé stesso come gran fantino.

(Didascalia di Matteo M.)
RADIO TAVERNELLO! Nasce la prima radio letteraria italiana di telegram.
Dagli audio racconti in diretta ai più disparati argomenti di discussione su cui tutti potranno dire la loro.

Giovedì 20 maggio ore 21 e 30 andrà in onda la prima puntata assoluta: MALIZIA CARDINALIZIA.
Entrate numerosi per scoprire tutto e non abbiate timore di partecipare attivamente, vi aspettiamo!
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Li buoni costruttori di gran lena lo castello edifican per li signori, ma lo vecchio alzato di prim'ora astioso indica denigrando chi lavora «tu lassù, siam giganti noi o costruisci mica per li gnomi? Sicché assai certo è che fra gilde di incompetenti saran marcati li vostri nomi!»
E lo operaio appollaiato sul muretto «venite voi a sudar, vecchio! O temete forse di sporcar lo berretto?»
Ma lo arcaico brontolone, sagace e scaltro, scansa lo invito e su lo capo bacchetta pure l'altro!

(Didascalia di Matteo M.)
"Strinsi saldamente le tonde mura a le spalle de li cancelli, e lesto mi dedicai a saggiar la resistenza dello sbarramento. Morbidi e carnosi si prospettavano innanzi a me, ed io saldo saggiai ogni cosa, dallo più inferior tratto a lo più alto e delicato, senza nulla tralasciar. Potei sentir il contrar della bella dama cinta da lo assedio mio.
Dopo lungo e intenso tempo in cui misi ad ardua prova le difese sue, potei sentir le mani non più compier sortite, ma cinger la cristiana chioma corvina che mi sormontava lo capo in gioventù. Alzai dunque lo sguardo, e la vidi, con occhi chiusi, volto e corpo arcuati leggermente, labbra serrate ed un flebile lembo di lingua stretto in esse. Le difese cedevano!
Colsi lo momento, ritto in piè tornai e con tutte le mie forze sul bancone de bottega la issai!"


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Lo scarno e pover uomo, colpito da malanno e diavolo tiranno, per lo cappio lo spirito a lo inferno si lascia trainar con garbo.
La vedova, sola e sconsolata, fissa scruta e declama «oh creatura! Già uomo non fosti di gran levatura, ma or che lo animo tuo miro, assai disgusto assale dopo lo tuo ultimo respiro»
«Donna!» risponde lo spirito, «quivi son appena morto e pronta sei a darmi ogni torto? Mai finirà lo tormento mio o per sempre da te afflitto sarò io?» agitando le disumane mani sproporzionate pure per li nani.
Lo demonio ne lo tragitto innanzi la figlia si interrompe, rimirando lo corpo che lesto desidererebbe abbrancare, sicché la vanitosa fanciulla, dalle infernali corti, dispiaciuta assai non pare.

(Didascalia di Matteo M.)
LO GROTTESCO MEDIOEVO pinned «"Strinsi saldamente le tonde mura a le spalle de li cancelli, e lesto mi dedicai a saggiar la resistenza dello sbarramento. Morbidi e carnosi si prospettavano innanzi a me, ed io saldo saggiai ogni cosa, dallo più inferior tratto a lo più alto e delicato,…»
«Rimembro lo tempo di vita passata» decanta lo arciere di mano sguainata, «quivi crescean roseti e frutteti, passeggiavan damigelle e soavi pulzelle, nobil congiunti sfilavan con ancelle e innanzi li tramonti di ben gaudio cantavi!».
«Che mai blatera questo qua?» perplesso e cinereo lo ultimo arcier, «lo cervello ne lo floscio cappello l'è colato!» mormora lo secondo ribaldo dal grugno per nulla baldo.
«Quivi sol ricordo prostitute e marpioni», «ma senza scordar le travestiti aberrazioni!» bofonchiano lo terzo e lo quarto, celati dall'altrui arto.
«Or lo azzittisco io, che se ne vada ad infastidir Dio!», e di sì tal parole lo capo fila incocca la freccia e lesta la mira volge tra schiena e testa!

(Didascalia di Matteo M.)
Miei cari sodali et compagni di gaudio e sollazzo, quivi vi riporto lo magico collegamento allo arcano e misterico loco ove dibatter collegialmente assieme si puote, affinché non sol di scorrer amabilmente tutti possiate, ma anche se desiderate suggerir nuove e strabilianti opere d'arte antica ove vorreste la penna mia si abbattesse ne lo modo che oramai ben conoscete.

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Quivi in calce riporto altresì lo collegamento allo antico manoscritto de Astulfo Lanciafoco, cavalier crociato e bruciante d'amor, affinché la storia sua non sia dimenticata fra li amanti tutti de la antica medieval favella

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Lo dimonio, avanza turpe e peloso, ammantato di gonnella a cinger sotto le prominenti budella, ma la madonna non ci sta, e sorridente lesta alla pugna si da!
«Ma dama mia, perchè colpir mi si abbisogna? Già inclemente non è forse stata la natura quando in me s'è adoperata?» protesta lo afflitto sgorbio, che in volto par proprio un sorcio.
«Dimonio caro, tu ben dici le parole che proferisci, sicché proprio per la natural aberrazione che tu sei che ora più si confà darti dei pugni bei!» Così declamando, la spietata madonna, allegra e soddisfatta infierisce sullo dimonio in minigonna.

(Didascalia di Matteo M.)
Di gran zuffa e baruffa li villici sereni e malpresi s'abbraccian d'amor ne li occhi ma di violenza lo pugnale conficcano in cor.
Taluni, soavi e leggiadri,di pacifico volto la vita gettano, sicché già ben altri di ira e dispetto le vite spezzano.
«Cullami e stringimi o amico mio, rancor non ti porto benché tu uccida un animo pio»
«Tu pio ti declami o laido imbroglione» risponde lo irato in volto contratto, «ma fra spalle mie lo pugnale ben lesto hai piantato!»

(Didascalia di Matteo M.)
Lo duello infuria, di fendente e di taglio, senza schivata fatal è lo sbaglio! Ganzi cavalieri, astuti guerrieri e fidi scudieri, tutti amarono, tutti combatterono e tutti morirono, ma lo gagliardo duellante mai fra essi udì d'un simil fatto! Sicché lo oramai sfidante battuto a terra si getta e di fellatio lo avversario alletta.
Tuttavia, l'onor non è semplice folclor, e lo buon combattente ben impugna lo spadone accingendo a sferrar lo colpo possente, affinché lo battuto demorda da lo seviziar lo spadino crescente.

(Didascalia di Matteo M.)
Lo gnomo, rannicchiato e oppresso, sorregge lo portale con lo corpo rigido e flesso. Contrito osserva, astioso e severo ne lo sguardo accusa...

...Continua...

(Didascalia di Matteo M.)
...ma lo sodale de fatica non ci sta, e snervato da lo peso lo collo tutto giù ne lo petto se ne va. Digrignando e invocando malevole blasfemie, lo sventurato s'agita e contorce cercando di fuggire verso le anguste vie.


(Didascalia di Matteo M.)
Li buoni cavalieri armati e guerrieri, la spada rinfoderano e le labbra si sfiorano. Forti, possenti, dagli occhi gaudenti, le mani in blu avanzano e le membra de lo sodale non certo si scansano.
«Mio buon compare, fatevi abbracciare! e cosa si cela qui sotto lo elmo? Ma qual bel leprotto qui avverto, par largo come un pompelmo!» Lo blu cavaliere declama estasiato, e lo bianco alfiere ben soddisfatto si gode lo tatto!
Ma lo cavallo escluso, ignorato e abbandonato, si gode ridacchiante lo armato amplesso pur restandone amaramente estromesso.


(Didascalia di Matteo M.)
2024/06/10 06:48:46
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