Nel soggetto ordinario (puthujjana) si danno quattro distorsioni cognitive (cattāravipallāsa) che avvengono subconsciamente e conducono fatalmente a fare un’esperienza di dukkha tanto più intesa quanto più la rappresentazione soggettiva dei fenomeni è distorta: infatti, in saññā-vipallāsa (“distorsioni della percezione”), cittavipallāsa (“distorsioni della mente”) e diṭṭhivipallāsa (“distorsioni della visione”) rientrano quelle quattro ‘perversioni’ che inducono a vedere erroneamente ciò che è impermanente (anicca) come permanente, ciò che è insoddisfacente (dukkha) come piacevole o apportatore di felicità, ciò che è senza sé o impersonale (anattā) come sé o ‘io‘, ciò che è repellente (asubha) come attraente *
Ma il Buddhismo, nonostante le fuorvianti rappresentazioni a tinte fosche costruite nell’Ottocento, non ritiene che questa condizione esistenziale sia immodificabile: è possibile una radicale trasformazione in positivo al livello cognitivo, etico ed affettivo. Non solo è possibile porre fine alla sofferenza, ma è possibile porvi fine definitivamente: altro che pessimismo, dunque! Il Buddha incoraggiava apertamente a lavorare su se stessi per sviluppare un’adeguata visione dei fenomeni, fino ad arrivare a quella conoscenza liberatrice totalmente adeguata alla realtà (yathābhūta-ñāṇa-dassana), che permette di agire in armonia con le caratteristiche della realtà stessa, senza più confliggere con essa a causa delle proprie percezioni distorte.
Quando si vede distintamente che il proprio rapporto coi fenomeni è mediato da rappresentazioni inadeguate, in conformità con le quali si agisce, come seguendo una fata morgana che puntualmente deluderà e frustrerà le proprie irrealistiche aspettative, ci si stanca della sofferenza e si cerca il disincanto. Non il disincanto nichilistico e scorato oggigiorno parecchio diffuso, ma nibbidā, il ‘sereno disincanto‘, che reca seco la comprensione che nessun fenomeno condizionato dura per sempre e, in quanto tale, nessuno può provvedere una soddisfazione ininterrotta.
Il non trovare più diletto in ciò che in ultima analisi risulta insoddisfacente è nibbidā, che elimina la passione cieca per il condizionato – soggetto per sua natura a sorgere e infine svanire – e orienta verso l’incondizionato, che non nasce, non decade e non muore. Nibbidā, in quanto disinganno/disinteresse verso il condizionato, è precisamente la cessazione di quella sorta di incantesimo a causa del quale si è indotti a nutrire aspettative esagerate sistematicamente frustrate nei confronti delle cose – donde l’abbandono delle immaginazioni fantastiche (maññanā) e della proliferazione concettuale (papañca) che ostacolano la visione cristallina dei fenomeni e portano a comportamenti e atteggiamenti inadeguati, causa di continua insoddisfazione.
È utile ricordare a questo proposito l’istruzione concisa e alquanto oscura che il Buddha diede a un commerciante di nome Bāhiya Dārucīriya che, dopo averla udita e compresa immantinente, pur senza aver mai udito prima l’insegnamento del Buddha, raggiunse la bodhi, onde, per la fulmineità della sua comprensione, il Buddha stesso lo chiamò khippābhiññānam, primo tra coloro che conseguono la verità emancipatrice intuitivamente.
La possibilità di un’intuizione catartica istantanea è attestata nel Canone, anche per laiche e laici; peraltro, nei sutta l’accento cade più spesso sulla gradualità del percorso che conduce alla conoscenza che emancipa definitivamente dal dukkha, come si capisce – tra l’altro – dal triplice approccio al Buddhadhamma, ossia: pariyatti (conoscenza degli insegnamenti contenuti nel Tipiṭaka), paṭipatti (applicazione degli insegnamenti sotto i tre rispetti di sīla, samādhi e paññā), paṭivedha (comprensione profonda e realizzazione degli insegnamenti in virtù della pratica).
Inoltre, nell’Udāna il Buddha stesso dice che “come il grande oceano digrada pian piano, pende, inclina e non ha un precipizio improvviso, così anche in questo Dhamma e in questa disciplina vi è un approfondimento graduale, una pratica graduale, un metodo graduale e non una penetrazione improvvisa nella conoscenza finale“.
L’istruzione fornita dal Buddha a Bāhiya dice:
Allora, Bāhiya, dovrai esercitarti così: in ciò che è visto ci sia solo ciò che è visto, in ciò che è udito ci sia solo ciò che è udito, in ciò che è percepito ci sia solo ciò che è percepito [il percepito include i rimanenti sensi e i rispettivi: olfatto-odori, gusto-sapori, etc.], in ciò che è conosciuto ci sia solo ciò che è conosciuto.
Allenarsi a conoscere puramente, senza distorsioni e proliferazione mentale, i fenomeni psico-fisici disponibili all’osservazione sostenuta da sati (ossia all’anupassanā): questo sembra essere il senso fondamentale dell’indicazione data dal Buddha. Mantenendo costante questa pura consapevolezza, le potenziali reazioni di attaccamento e avversione verso i vari oggetti sensibili non passeranno immediatamente all’atto, come normalmente avviene in assenza di sati, e si rimarrà consapevoli soltanto di ciò che c’è momento dopo momento: nel visto solo il visto, nell’udito solo l’udito, e così via.
La mente, di per sé indisciplinata, può essere educata e sviluppata in modo positivo: non a caso, il termine che di solito viene tradotto con ‘meditazione’ o ‘contemplazione’ in pāḷi è citta–bhāvanā, ‘coltivazione/addestramento della mente‘. Bhāvanā etimologicamente pare connesso con la coltivazione vera e propria della terra e implica la fiducia nel fatto che, quali che siano le condizioni attuali del proprio ‘campo mentale’, è possibile prendersene cura, anche se ora è gravemente trascurato, in modo da riuscire a ottenere un buon raccolto, in modo da far sviluppare, far essere un buon raccolto. Bhāvanā, infatti, viene dalla radice verbale bhū, che significa proprio “far essere“, “far divenire” o “dare origine a“, sicché bhāvanā potrebbe essere tradotto, in maniera più fedele alla sua etimologia, come “coltivazione” o “sviluppo” – traduzioni più adeguate dell’ambiguo termine “meditazione”.
La mente per il Buddhismo è “lavorabile/maneggevole” (kammanīya), dunque può essere sviluppata in modo positivo, può essere educata, anche se all’inizio è indisciplinata: tale non è, però, la sua natura immutabile. Opportunamente coltivata, la mente cheta può servire da strumento d’analisi profonda dell’esperienza e delle sue tre caratteristiche di impermanenza (anicca), insoddisfacenza (dukkha) e non-sé (anattā), conducendo alla liberazione attraverso l’acquisizione di paññā, ossia la conoscenza profonda/discriminativa/analitica, che corrisponde alla comprensione diretta del vero modo d’essere delle cose.
In particolare, nel campo mentale andrebbero coltivate assieme due qualità, che sono la ‘calma concentrata‘ (samatha), che sviluppa l’unificazione della mente conducendo a un altissimo grado di concentrazione, e la ‘visione profonda‘ (vipassanā), che è diretta alle tre caratteristiche di impermanenza, insoddisfacenza e impersonalità dei fenomeni psico-fisici condizionati. Non a caso, le tecniche di ‘coltivazione della mente’ (citta–bhāvanā) comprese nell’insegnamento del Buddha si dividono appunto in samatha-bhāvanā, di origine pre-buddhista, e vipassanā–bhāvanā, ritenuta tradizionalmente una creazione originale del Buddha, anche se non è detto che sia davvero così.
Le cognizioni fuorvianti possono essere modificate: non si è inchiodati ineluttabilmente ad esse.
Scopo dell’intero satipaṭṭhāna è proprio quello di portare alla luce della consapevolezza gli schemi cognitivi abituali per poterli poi gradualmente superare e sostituire con sammā–diṭṭhi, la ‘Retta Visione’, che non è una visione del mondo speculativa accanto alle altre, ma è l’intuizione diretta e catartica della natura dei fenomeni: vedendo chiaramente ciò (vipassati: ‘vedere chiaramente’, ‘in-tuire’), si vede per ciò stesso dukkha, la sua origine, la sua fine e il modo per porvi fine, ossia si comprendono in profondità e in prima persona le Quattro Nobili Verità.
A tale insight i testi pāḷi si riferiscono con vari termini (paññā, ñāṇa, amoha…), che sostanzialmente indicano tutti una conoscenza che è basata non sul credere o sul pensare che le cose stiano in un certo modo, ma è paccakkha [scr. pratyakṣa] (paccakkha-ñāṇa), una ‘conoscenza per esperienza diretta/percezione diretta’ dei fenomeni così come sono, il che consente, poi, di adottare comportamenti e atteggiamenti che non stridono con la realtà, ma con essa si armonizzano spontaneamente. La vipassanā, insomma, mira a produrre una ristrutturazione cognitiva che ha profonde e durature conseguenze affettive ed etiche.

NOTA:
* Le quattro distorsioni si ritrovano anche nel celebre Yogasūtra di Patañjali (IV-V d.C.), in particolare nel quarto sull’esercizio del metodo (sādhana-pāda), quando si dice che “questo non vedere come stanno le cose (avidyā) fa ritenere il perituro (anitya) imperituro (nitya), l’impuro (aśuci) puro (śuci), il disagevole (duḥkha) agevole (sukha), il non-sé (anātman) il sé (ātman)”. Identicamente, in un sutta del Canone pāḷi intitolato Vipallāsa-sutta, il Buddha dice:
Quattro, o monaci, sono le distorsioni della percezione, della mente, dell’opinione: il prendere per permanente quello che è impermanente, il prendere per piacevole ciò che è doloroso, il credere all’esistenza di un sé in qualcosa che non ha sé, il prendere per puro quello che è impuro.
Spiegazione della vacuità/originazione dipendente e del samsara e nirvana in maniera approfondita come intesa dai testi fondamento del buddhismo rispetto alle concezioni moderne superficiali
La via di mezzo è libertà dalle misconcezioni di esistenza e non-esistenza. Dire che qualcosa esiste(sia essa condizionata o incondizionata) è eternalismo, dire che le cose non esistono è nichilismo. Annientamento è la scorretta visione che qualcosa che esiste può smettere di farlo.
La Via per evitare tutti questi tipi di visione scorretta e la vacuità.
Vacuita significa: (i) mancanza di un esistenza inerente, (ii) libertà dagli estremi detti in precedenza, (iii) assenza di nascita[non-nascita], (iv) Originazione dipendente . Tutte queste definizioni e vacuità sono sinonimi.
L originazione interdipendente è la propria visione relativa che porta alla realizzazione della visione ultima; la vacuità. Molte persone malcomprendo vacuita essere qualcosa di negativo, ma é la propria via di mezzo che evita le visioni di esistenza, non-esistenza, entrambe e nessuna.
Non c è alcun modo di trattare la vacuità in maniera semplice, e veramente veramente poche persone in realtà comprendono la vacuità e l originazione dipendente.
Ma ecco alcune cose riguardanti l argomento:
La generale idea di originazione indipendente, é l' idea che le cose hanno una essenza propria [svabhāva], o un loro se [ātman]. In ordine per qualcosa essere originata senza dipendere, dovrebbe essere incondizionata ,indipendente, priva di causa, esistente ed eterna,tale visione di indipendenza ed essenza è considerata un impossibilità dal Buddha. La corretta visione convenzionale della vacuità è quella invece dell originazione dipendente, ovvero che per avere qualsiasi cosa, oggetti, persone, posti, cose etc, devono possedere cause e condizioni. Ciò significa che ogni cosa manifesta è introvabile oltre le cause e condizioni che ne sorreggono l apparenza. Se le condizioni sono rimosse,una cosa scompare.
Gli adepti del passato hanno detto che una cosa appare esclusivamente per le sue cause e condizioni , dura finché esse durano, e cessa quando esse cessano , come fai quindi a dire che tale cosa esiste davvero ed ha un qualche tipo di essenza propria? Per dire che un oggetto ha esistenza inerente, indipendente dalle sue cause e condizioni ,dai suoi attributi, caratteristiche e parti costituenti. Ma è impossibile trovare un oggetto indipendente da tali cose, e l implicazione di tale fatto è che non possiamo trovare l esistenza inerente di un fenomeno che ha tali cose. Un fenomeno stesso qualunque sia e introvabile. Tutto ciò che invece possiamo trovare è una collezione di pezzi, che non creano nulla oltre loro stessi, e anche li, le parti solo sono designate in dipendenza, perché se non c è alcun oggetto inerente, non ci sono parti inerenti, né caratteristiche né attributi. Quindi un fenomeno è meramente una utile designazione concettuale, e la sua validità è misurata dalla sua efficacia,ma aldilà della concezione designata, non c è alcun oggetto inerente che viene indicato.
L Originazione Dipendente punta a una specie specifica di interdipendenza; al fatto che un fenomeno condizionato appare solo via implicazione della malpercezione di altri fenomeni condizionati, e quindi ogni 'fenomeno' è simultaneamente una causa e un effetto per ogni altra cosa. Originazione Dipendente non è un caso in cui in abbiamo fenomeni davvero esistenti stabiliti in dipendenza di altri fenomeni davvero esistenti: che abbiamo oggetti fatti di parti che sono fatti di parti più piccole etc. Questo è solo un modo grossolano e superficiale di comprendere la dottrina fondamentale del buddhismo, nonché sarebbe una comprensione realista/eternalista. Una visione che sottilmente promuove un senso di esistenza o essenza fondamentale. Quelli che indica l originazione dipendente, è che non c è alcun fenomeno trovabile aldilà delle sue caratteristiche convenzionali che gli attribuiamo.
Uno sarebbe solo valido in contrasto con l' altro ,e comprendendo la vacuità di uno,la validità dell altro è compromessa. La nostra esperienza convenzionale ed ignorante non è altro che costrutti interdipendenti e convenzionali composti da inferenze infondate.
In questo modo, il fenomeno 'stesso', come un qualcosa che c è davvero e introvabile. Troviamo invece solo una designata collezione di pezzi, che non generano nulla.
Per esempio , se un tavolo esistesse davvero, significherebbe che esisterebbe indipendentemente, e che quindi potresti trovare un tavolo indipendentemente dalle sue parti e caratteristiche (ricordiamo il sutta del carro riguardante il sé ed i 5 aggregati). Esisterebbe indipendentemente dall essere osservato , dal suo colore, dalle sue parti e componenti, dal sui essere designato come tale , dal suo ambiente e circostanze etc. In contrasto, se la sua osservazione - o la coscienza - esistesse davvero, noi ugualmente potremo trovarla indipendentemente dalla percezione del tavolo, dall ambiente , etc . Non c è alcuna essenza fondamentale o natura ultima che il tavolo possiede o "è" , e lo stesso vale per la coscienza o qualsiasi altra cosa, ogni cosa è solo originata in dipendenza, ovvero è vacua.
Ma per gli esseri senzienti afflitti dall ignoranza, l imputazione concettuale ed il linguaggio convenzionale sono scambiati per indicare persone, posti o cose che esistono davvero ed hanno un qualche tipo di consistenza, etc.
Quando l ignoranza principale viene rotta,c'è la libertà di usare il linguaggio convenzionale,ma non crea alcuna confusione perché è nata la saggezza che comprende le cose per ciò che sono. Nel Buddhismo le convenzioni sono permesse come un modo per comunicare, quindi siamo liberi di essere John o Mary, alberi , rocce, macchine sono permesse come designazioni. Le convenzioni sono semplicemente uno strumento utile ma che non può puntare a nulla apparte se stesso e non hanno realtà . La verità convenzionale è relativa... Parole, concetti, idee, persone, posti, cose etc.,ed è contrastata dalla realtà ultima che è la loro vacuità, ovvero la loro illusorieta, e vacuità non si riferisce a un qualche tipo di realtà trascendentale o assoluta aldilà delle apparenze,né ad una delle esperienze possibili in meditazione, quelli sono i 9 jhanas, ma al loro stato ontologico che è quello di essere originate in dipendenza ed essere prive di un essenza fondamentale.
Tutti i fenomeni apparenti che cadono nella categoria di 'condizionati' - cioè che alla mente ignorante sembrano rispettare uno dei modi di esistenza (esiste, non-esiste, entrambi , nessuni) - originano dipendentemente.

"Qualsiasi cosa è originata dipendentemente
Tale cosa è spiegata essere la vacuità.
Tale, essendo designata in dipendenza è la via di mezzo.
Una cosa che non è originata dipendentemente,
Tale cosa non esiste.
Per questo, una cosa non vacua
Non può esistere."
-- Nāgārjuna
"Né il saṃsāra né il nirvāṇa esistono; invece, nirvāṇa è la completa conoscenza del saṃsāra"
-- Yuktiṣāṣṭika

Saṃsāra è il risultato di una confusione, niente è ultimamente stabilito nel saṃsāra (condizionato o incondizionato)... E se niente è stabilito, il saṃsāra stesso non è mai davvero stabilito . Se il saṃsāra non è stabilito, il nirvāṇa non è stabilito. Riconoscere la vera natura [satyalakṣhaṇa] del saṃsāra, come innatamente non prodotto [anutpāda] è realizzare che il presunto condizionato [saṃskṛta] è una misconcezione dovuta all ignoranza, e che il condizionato è sempre stato di fatto incondizionato [asaṃskṛta] fin dall' inizio. Questo è il risveglio all' incondizionato, e questo e il risveglio che è porta per la cessazione della sofferenza .

"Finche generazione, durata e cessazione non posso essere stabilite,
Il condizionato non può essere stabilito;
Finché il condizionato non può essere stabilito,
Come può un incondizionato essere stabilito?
-- Nāgārjuna

Quindi non c' è un incondizionato nirvāṇa che si trova separato dai fenomeni condizionati. L' 'incondizionato' nel buddhismo è meramente la corretta comprensione della natura attuale dei fenomeni 'condizionati' . I fenomeni [dharmins] sono loro stessi, in realta, incondizionati, tale natura e il loro dharmatā.
Questo è perche nirvāṇa è una cessazione: l' estinzione in una mente dell ignoranza riguardo la natura della realtà. Ciò che cessa nel nirvāṇa, sono le cause per la nascita e proliferazione delle oscurazioni che causano la malpercezione di nascita, durata e distruzione dei fenomeni condizionati.
Per questa ragione,in alcuni punti il nirvāṇa è detto essere 'permanente', perché dato l' esaurimento delle cause e condizioni per la proliferazione del saṃsāra, saṃsāra non ha più alcun modo di tornare, non perché c è un qualche tipo di realtà permanente e trascendente che è nirvāṇa. Comunque nirvāṇa è anche una designazione convenzionale che è rilevante solo in relazione all illusione del samsara che è stato esaurito, per questo il nirvāṇa non è nulla di realmente esistente né tantomeno una realtà trascendente, è semplicemente l assenza di afflizioni, un esaurimento, un rilascio, una liberazione ... Questo è il vero significato di nirvāṇa. C' è la malattia e c'è la salute ... Salute é semplicemente l' assenza della malattia.
La corretta comprensione dei fenomeni, rivela che la realtà non è mai accaduta nel modo in cui la propria ignoranza faceva sembrare. Come risultato viene visto che non c' è mai stato niente che era legato, né qualcosa che aveva bisogno di essere liberato. Questa visione rivela la non realtà del saṃsāra e nirvāṇa come entità inerenti, e la liberta definitiva dal saṃsāra.
"Chi, o Signore, sente?"

"La domanda non è corretta", disse l'Eccelso. "Non ho mai detto che c'è un soggetto che sente. Se l'avessi detto, allora la domanda "Chi si sente?" sarebbe appropriata. Ma poiché non ho mai parlato così, il modo corretto di porre la domanda sarà "Qual è la condizione del sentimento?" E a ciò la risposta corretta è: "l'impressione sensoriale è la condizione del sentimento; e il sentimento è la condizione del desiderio."
Esaminazione delle 4 nobili verità
1. Se, tutto ciò che c'è è vacuo,
E non esiste né generazione né fine,
Allora secondo te, segue che
Le 4 nobili verità non esistono.

2. Se le 4 nobili verità non esistono,
Allora conoscenza, abbandono,
Meditazione e manifestazione
Sarebbero completamente impossibili.

3. Se queste cose non ci sono,
I 4 nobili frutti non potrebbero emergere.
Senza i 4 frutti, non ci sarebbero chi ottiene i frutti.
Ne ci sarebbero i veri.

4. Se così fosse, la comunità spirituale non potrebbe esistere.
Ne potrebbero gli 8 tipi di persone .
Se le 4 nobili verità non esistessero,
Non ci sarebbe neanche alcun vero Dharma.

5. Se non c'è alcuna dottrina e comunità spirituale,
Come può esserci un Buddha?
Se la vacuità è compresa in tale modo,
I 3 gioielli sono contraddetti.

6. Quindi tu asserisci che non c'è alcun frutto.
E nessun Dharma. Il Dharma stesso
E la verità convenzionale
Sarebbero contraddetti.

7. Allora ti diciamo che questa tua comprensione della vacuità e del suo scopo
E del significato di vacuità non è corretto.
E come consequenza ne sei danneggiato.

8. L insegnamento del Buddha sul Dharma
È basato su 2 verità:
Una verità convenzionale
E una verità ultima.

9. Coloro che non comprendono
La relazione tra le 2 verità
Non possono comprendere
La verità profonda dei Buddha.

10. Senza essere fondata sulla verità convenzionale,
Il significato della verità ultima non può essere insegnato.
Senza comprendere il significato della verità ultima,
La liberazione non è raggiunta.

11. Dalla malcomprensione della vacuità
Una persona dalla poca intelligenza è distrutta.
Come un serpente tenuto male
O una magia fatta male.

12. Per questa ragione che il vero Dharma è profondo
e difficile da comprendere
La mente del Buddha disperava
Per riuscire a trasmetterlo.

13. Tu hai presentato confutazione fallaci
Che non hanno alcuna rilevanza alla vacuità.
Le tue confusioni sulla vacuità
Non mi appartengano.

14. Perché per colui la cui vacuità è chiara,
Tutto diventa chiaro.
Per colui che la vacuità non è chiara,
Nulla può essere chiaro.

15. Quando ci lanci
Tutti i tuoi errori
Sei come un uomo che è salito a cavallo
E si è scordato di quel cavallo.

16. Se percepisci l esistenza di tutti fenomeni
In termini di avere un essenza fondamentale,
Allora la tua percezione dei fenomeni
È priva della giusta percezione di cause e condizioni.

17. Cause ed effetti
Azioni ed agenti
Condizioni generazione e cessazione
Ed effetti sarà resa impossibile.

18. Qualsiasi cosa è originata dipendentemente
Tale cosa è spiegata essere la vacuità.
Tale, essendo una designazione dipendente,
È la via di mezzo.

19. Qualcosa che non è originata dipendentemente,
Tale cosa non esiste.
Per questo che una cosa che non sia vacua
Non puo esistere.

20. Se tutto questo non fosse vacuo, come nel tuo punto di vista ,
Non ci sarebbero originazione e cessasione.
Allora le 4 nobili verità
Diventerebbero non esistenti.

21. Se non originando dipendentemente,
Come può sorgere la sofferenza?
La sofferenza è stata insegnata essere impermanente,
Quindi non può sorgere da una sua essenza.

22. Se qualcosa dovesse sorgere da una sua essenza,
Come potrebbe mai sorgere?
Segue che se uno nega la vacuità
Non può esserci alcun sorgere (della manifestazione o della sofferenza).

23. Se la sofferenza avesse una sua essenza,
La sua cessazione non sarebbe possibile.
Perché finché un essenza viene posta,
Uno nega la cessazione e l impermanenza.

24. Se la Via avesse un essenza,
La sua coltivazione non sarebbe possibile.
Visto che la Via è sicuramente coltivata,
Non può avere alcuna essenza.

25. Se la sofferenza, nascita, e
Cessazione non esistono,
Secondo quale percorso uno crede
Di ottenere la cessazione della sofferenza?

26. Se l' ignoranza nascesse
Da una propria essenza,
Come potrebbe mai la saggezza sorgere?
Un essenza non è stabile?
27. Nello stesso modo, le attività di
Abbandonare, realizzare, e meditare
E i 4 frutti
Non sarebbero possibili.

28. Per qualcuno che crede in un essenza eterna,
Visto che i frutti attraverso la loro essenza
Sono già non realizzati,
Come potrebbe qualcuno illuminarsi?

29. Senza i frutti , non può esserci chi ottiene i frutti ,
O chi entra. Da questo segue che
Gli 8 tipi di persona non ci sono.
Se questi non ci sono, non c'è alcuna comunità spirituale.

30. Dalla non esistenza delle 4 nobili verita
Seguirebbe la non esistenza della vera dottrina.
Senza dottrina e senza comunità spirituale,
Come può un Buddha sorgere?

31. Per te, seguirebbe che Buddha
Sorge senza dipendere dall illuminazione.
E per te, l illuminazione può sorgere
Indipendentemente da un Buddha.

32. Per te, uno che nella sua essenza
Non è illuminato.
Anche praticando il percorso per l illuminazione
Non potrebbe illuminarsi.

33. In più , uno non potrebbe mai commettere buone o cattive azioni.
Se tutto ciò non fosse vacuo, cosa potrebbe mai uno fare?
Una cosa che ha una sua essenza non può essere prodotta.

34. Per te, ne dà buone ne dà cattive azioni
I frutti potrebbero sorgere.
Se i frutti sorgessero da buone o cattive azioni,
Secondo te , non potrebbero esistere.

35. Se, per te, un frutto sorge
Da buone o cattive azioni,
Allora, essendo sorto da buone o cattive azioni,
Come può un frutto non essere vacuo?

36. Se l'originazione dipendente è negata,
La vacuità stessa di conseguenza è negata.
Questo contraddirrebbe
Tutte le convenzioni mondane.

37. Se la vacuità stessa viene negata,
Nessuna azione sarebbe appropriata.
Ci sarebbe un azione che non è mai iniziata,
E ci sarebbe un agente che la compie.

38. Se ci fosse un essenza, l intera manifestazione
Non potrebbe sorgere, mai cessare
Statico. L intero universo fenomenico
Sarebbe immutabile, non impermanente.

39. Se (il mondo) non fosse vacuo,
Allora le azioni sarebbero senza conseguenza.
La Via per cessare la sofferenza
Abbandonando miseria ed oscurazioni non potrebbe esistere.

40. Perché chiunque vede l'originazione dipendente
Vede anche la sofferenza
Il modo in cui sorge
Come il modo in cui cessa, e quindi vede il percorso.
2024/05/08 20:07:45
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