Vangelo di lunedì 7 luglio
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,18-26
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell'istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,18-26
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell'istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.
Il dolore quando si affaccia dentro la nostra vita, cancella in un attimo tutte le chiacchiere, le cose futili, le divisioni banali che tante volte ci hanno anche visti infervorati. Davanti alla sofferenza di un figlio, ad esempio, non conta più per che squadra tifi, a chi voti, o che preferenze hai. Il dolore di un figlio ti costringe a domandarti cosa puoi fare per lui, che senso ha tutto questo, e come si può andare avanti. Credo che questo sia lo stato d’animo del papà che incontra Gesù nel vangelo di oggi: “giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà». Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli”. La disperazione, il dolore, spingono quest’uomo a smettere di essere “politicamente corretto”, e lo spingono a rivolgersi a Gesù per ciò che è e non per ciò che rappresenta per gli scribi, i farisei, i sacerdoti, i romani e così via. Il dolore spinge quest’uomo a trattare Gesù come Figlio di Dio senza altre polemiche. Non dovremmo mai dimenticare questa lezione, perché Gesù può diventare argomento di discussione, di divisione, di polemica, di appartenenza, di nicchia, di diatriba, ma la cosa che conta di più è ricordarsi che è il Figlio di Dio. E proprio perché è il Figlio di Dio gli si può consegnare qualcosa di così irreversibile come la morte. La resurrezione della figlia di quest’uomo è solo segno di qualcosa che Gesù compirà in prima persona, cioè la Resurrezione definitiva, la vittoria definitiva della morte. Un cristiano non dove mai avere paura di questa grande verità. Il motivo vero per cui siamo cristiani è perché crediamo alla Resurrezione di Cristo. Non si è cristiani perché si parteggia per qualche insegnamento di bontà presente nel vangelo. Si è cristiani a partire dalla Resurrezione di Cristo. Perché se la morte non è vinta che cosa vale la pena? La vita vale la pena solo se non va a finire nel nulla, ma va a finire nelle braccia di Qualcuno.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di lunedì 4 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Gesù tenta di prendersi uno spazio per sé, ma anche in un luogo deserto la folla lo trova. Non reagisce con la rabbia, non è infastidito, il Vangelo ci dice che sentì compassione per loro. Ma alla fine di quella giornata sul far della sera non si accontenta semplicemente di aver provato compassione o di aver operato miracoli. Egli vuole fare qualcosa di concreto per loro, vuole sfamarli. Dare da mangiare significa corrispondere a un bisogno concreto di una persona. La fede non è un surrogato psicologico per gestire l’ansia, ma è una risposta concreta a un bisogno concreto che ciascuno di noi si porta nel cuore. È un bisogno di senso, di amore, di felicità, di pienezza. C’è qualcuno sulla faccia della terra che può corrispondere fino in fondo a questo bisogno infinito che ciascuno di noi si porta nel cuore? Ecco che cos’è Gesù, l’unico che può rispondere a questa grande domanda, anzi è egli stesso la risposta. Ma colpisce nel racconto della moltiplicazione dei panni e dei pesci, il modo con cui Gesù coinvolge i suoi discepoli: «Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare». Gesù lascia che ci siano delle persone che lo aiutino in tutto questo. Sono il prolungamento della sua mano, della sua compassione, della sua grazia. Ogni battezzato è chiamato ad essere questo prolungamento, ma nella Chiesa c’è qualcuno che è chiamato più degli altri ad esserlo: sono i sacerdoti. Oggi si ricorda il patrono di tutti i parroci, San Giovanni Maria Vianney. Se dovessimo descrivere quest’uomo dovremmo dire che in realtà è solo un uomo con cinque pani e due pesci. Eppure tutta la sua vita è stata un continuo sfamare le folle che lo cercavano per essere confessate da lui, catechizzate, accompagnate, amate. Cosa ha fatto di straordinario, San Giovanni Maria? Ha celebrato bene la messa, ha confessato migliaia di persone, si è fidato di Gesù fino a diventarne egli stesso un miracolo. Preghiamo perché il Signore ci doni sempre persone così.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di mercoledì 6 agosto
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9,28b-36
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9,28b-36
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
La festa della Trasfigurazione potrebbe sembrare una festa difficilmente collegabile con la nostra vita. In fondo questa gita fuori porta che Gesù fa fare a Pietro, Giacomo e Giovanni sembra destinata ad essere un’esperienza unica nella loro vita. Ma in realtà, ognuno di noi ha nella propria esistenza un’esperienza di trasfigurazione. Sono quei momenti della vita in cui la luce, la gioia, la gratitudine si stampano in maniera indelebile nel nostro cuore. Certe volte il Tabor per noi sono alcuni amici, amicizie, alcuni rapporti, alcuni eventi. Senza rendercene conto in mezzo alle difficoltà che ogni giorno incontriamo il Signore semina anche piccoli spazi di luce. La questione vera è se ce ne accorgiamo, e se riusciamo a farne tesoro. Infatti ricordarsi della luce è ciò che ci salva quando siamo al buio. Delle volte la memoria di una persona, o di un particolare evento della nostra vita, ci dà il coraggio di andare avanti quando tutto sembra difficile, e quando le forze sembrano venir meno. Gesù regala ai suoi migliori amici un’esperienza di luce indimenticabile affinché quando vivranno il buio del Getsemani e della croce si ricordino di quella luce e non si disperino fino in fondo. Sarebbe bello per ciascuno di noi oggi ricordarci di un evento di trasfigurazione che il Signore ci ha regalato, affinché quella memoria di luce possa ritornarci utile nei momenti più difficili che affronteremo.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di venerdì 8 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 16,24-28
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell'uomo con il suo regno».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 16,24-28
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell'uomo con il suo regno».
Quali sono le condizioni del vero discepolato? Cioè, che cos’è che ci rende autenticamente dei discepoli di Gesù? La pagina del Vangelo di oggi risponde proprio a questa domanda: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Ogni qualvolta mi capita di dover spiegare questa richiesta di Gesù, devo sempre stare attento a chiarire bene i termini della questione. Ovunque, e quindi anche nell’esperienza cristiana, ci sono quelli che si ammalano di forme di integralismo e fondamentalismo che pervertono alla radice il significato vero delle cose. Rinnegare se stessi non è una forma di violenza su ciò che siamo, ma è alla grande capacità di esercitare la nostra libertà innanzitutto nei confronti della cosa più difficile al mondo, e cioè noi stessi. Infatti possiamo rinfrancarci dalla schiavitù degli altri, ma molto spesso la schiavitù più difficile da cui liberarci riguarda proprio noi stessi. Solo chi è libero di saper dire di no a se stesso (rinnegarsi) è abbastanza libero da poter seguire Gesù. Ma anche dopo aver raggiunto questo tipo di libertà, ciò che ci rende veramente discepoli è far pace con la realtà della nostra vita, cioè accettare di prenderci la responsabilità tutti i giorni di quello che c’è, senza giocare a fare gli struzzi, nascondendo la nostra testa sotto la sabbia. Ogni giorno che rimandiamo nell’affrontare ciò che c’è dentro la nostra vita è un giorno in più di infelicità che si accumula e che molto spesso produce in noi quel senso di vuoto e angoscia che tanto rovina le nostre esistenze. Procrastinare non è una forma di discepolato, affrontare le cose sì. Ma affrontarle come? Andando dietro di Lui, cioè cercando di affrontare le cose imparando a farlo alla sua maniera. Ecco perché abbiamo bisogno del Vangelo, per imparare la Sua maniera. La vita di San Domenico, di cui oggi ricorre la memoria liturgica, è stata una vita spesa ad annunciare esattamente “questa maniera” di Cristo. Egli fonda un ordine affinché la logica del Vangelo, cioè la logica di vivere alla maniera di Gesù, potesse arrivare a tutti. Abbiamo sempre bisogno di uomini come Domenico. Abbiamo sempre bisogno di chi ci ricorda “la maniera di Cristo”.
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Vangelo di martedì 12 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,1-5.10.12-14
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
«In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,1-5.10.12-14
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
«In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.
Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».
In che cosa consiste la grandezza secondo la logica del regno di Dio? A questa domanda risponde la pagina del Vangelo di oggi: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli”. Detta così questa frase può colpirci e magari risultare per ciascuno di noi una provocazione. Ma Gesù non vuole darci semplicemente una provocazione, ma vuole indicarci esattamente una strada concreta. Diventare come bambini significa non scegliere la via della forza, dell’ostentazione, della grandezza, ma bensì la via della piccolezza, del sentirsi forti perché si è di qualcuno, della mancanza di disagio nello sperimentare la propria debolezza, nel non avere vergogna di affidarsi e di chiedere. In pratica diventare come i bambini significa imparare la via dell’umiltà. E per rassicurarci che questa è una via vincente, Gesù ci ricorda che ai suoi occhi siamo amati in un modo unico e insostituibile. L’immagine del pastore che va alla ricerca dell’unica pecora che si perde vuole trasmettere esattamente questo messaggio: tu non sei un numero, non sei uno fra i tanti, non sei sostituibile. Tu sei unico e irripetibile. Tu sei speciale, e io per amore tuo sono disposto a tutto: “Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”. Allora sii piccolo, e stai certo che il Padre non permetterà mai che tu ti perda.
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Vangelo di martedì 19 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 19,23-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 19,23-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».
«In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». Per capire questa pagina del Vangelo di Matteo dobbiamo metterci d’accordo sul concetto di ricchezza. Quando Gesù parla di ricchi a chi si sta riferendo? Potremmo farne semplicemente una questione materiale, ma la ricchezza per definizione è ciò in cui noi riponiamo la nostra fiducia. Chi pone la propria fiducia nelle cose materiali, difficilmente comprende la logica del Vangelo e proprio per questo difficilmente riesce a entrare nel regno dei cieli. Chi invece si sente ricco delle persone che lo amano o delle persone che ama allora egli è dentro la logica del Vangelo e per lui è aperta la porta del regno. Una volta un giovane padre teneva in braccio i suoi due figli piccoli, e guardandomi mi disse “ecco padre, qui c’è tutto il mio tesoro”. Chi poteva dargli torto? Chi poteva negare che inconsapevolmente aveva capito la logica del Vangelo? Troppe volte noi confidiamo in cose effimere e poniamo fiducia in dei beni che in realtà alla fine ci tradiscono. Un credente si sente ricco di un’unica cosa: sapersi amato da Dio. A chi vive nella logica di questo mondo questa consapevolezza può sembrare poca cosa, e può sembrare astratta, ma a chi ha conosciuto Gesù questo discorso risulta totalmente chiaro perché sa che l’amore è un bene inestimabile e dell’unico lasciapassare che resiste anche alla morte.
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Vangelo di mercoledì 20 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
La parabola raccontata da Gesù nella pagina del Vangelo di Matteo di oggi è una parabola che mi commuove sempre. Gesù paragona Dio ad un padrone che non passa il tempo ad andare a fare elemosina a destra e manca, ma che dà dignità alle persone donando loro un lavoro, dando loro cioè uno scopo per cui vivere. Anche solo questa considerazione dovrebbe rettificare molti modi sbagliati con cui noi facciamo la carità anche da cristiani. Fare del bene non significa semplicemente distribuire dei beni, ma fare in modo che le persone che incontriamo, i poveri soprattutto, ritrovino uno scopo, e quindi di conseguenza una dignità. Ma per capire davvero questo padrone bisogna imparare a guardare come lui guarda le persone, e a considerarle per ciò che sono davvero. Infatti egli non considera le persone con un criterio materiale ma le considera un valore in sé e proprio per questo non ha paura di pagare la giornata piena a tutti, a chi ha lavorato e a chi invece si è aggregato solo alla fine. Questi ultimi non lo hanno fatto per pigrizia, ma semplicemente perché nessuno li aveva mai considerati. Gesù sta parlando dell’esperienza della misericordia, dicendo che essa non è riservata solo a chi per tutta la vita ha vissuto bene, ma anche a chi si è convertito solo alla fine. Può sembrare ingiusto, ma la logica dell’amore tiene a cuore le persone più delle cose. Ecco perché il padrone risponde malamente a chi protesta contro di lui per questo suo eccesso di bontà: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Bisogna imparare a credere all’amore eccessivo di Dio che non smette di cercarci e di offrirci una possibilità, anche quando sembra tardi agli occhi di tutti.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di giovedì 21 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
“Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio”. Inizia così la parabola raccontata da Gesù nel Vangelo di oggi, ma prima di capire il motivo per cui Gesù mette in scena questa storia è importante fermarsi su questo dettaglio iniziale: il regno ha a che fare sempre con la categoria di una festa. Se ci pensiamo bene quasi mai, o solo in alcuni sporadici casi, avvertiamo la nostra vita come una festa. In qualche preghiera lo diciamo anche esplicitamente che abbiamo la sensazione di vivere in una valle di lacrime. Forse questo accade perché c’è una grande sproporzione tra la fatica che facciamo a vivere, e la gioia che dovremmo avere costantemente come motivo della vita stessa. Se non c’è più gioia in una famiglia, in un lavoro, in una vocazione, tutto diventa insopportabile. Ecco perché la categoria della festa è una categoria importante su cui dovremmo molto riflettere. Ed ecco perché Gesù dice che coloro che non vogliono partecipare a questa festa in realtà si autocondannano all’inferno. Perché il vero inferno e avere una vita senza nessuna gioia. Ma la buona notizia è che questo re non si arrende, e va alla ricerca di coloro che in un modo nell’altro possano essere spinti all’interno di questo banchetto. Dio tenta per tutto il tempo della nostra vita a convincerci ad entrare all’interno di questa festa. L’esperienza di fede, la vita spirituale, la partecipazione alla vita ecclesiale, altro non dovrebbero essere se non un modo di ritrovare la gioia per cui vale la pena vivere. Una fede che non dà gioia, una vita spirituale che fomenta il nostro senso di inadeguatezza, una partecipazione ecclesiale che fa leva sui nostri sensi di colpa per tenerci sottomessi, sono la negazione del Vangelo.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di venerdì 22 agosto
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,26-38
In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,26-38
In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
Ma perché Maria viene invitata a rallegrarsi in questo modo? La risposta si trova nella seconda parte del saluto: “il Signore è con te”. Anche qui per comprendere bene il senso dell’espressione dobbiamo rivolgerci all’Antico Testamento. Nel Libro di Sofonia troviamo questa espressione «Rallégrati, figlia di Sion,… Re d’Israele è il Signore in mezzo a te… Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente» (3,14-17). In queste parole c’è una duplice promessa fatta ad Israele, alla figlia di Sion: Dio verrà come salvatore e prenderà dimora proprio in mezzo al suo popolo, nel grembo della figlia di Sion. Nel dialogo tra l’angelo e Maria si realizza esattamente questa promessa: Maria è identificata con il popolo sposato da Dio, è veramente la Figlia di Sion in persona; in lei si compie l’attesa della venuta definitiva di Dio, in lei prende dimora il Dio vivente.
Benedetto XVI – Udienza Generale, 19 dicembre 2012
Benedetto XVI – Udienza Generale, 19 dicembre 2012
Vangelo di sabato 23 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati "rabbì" dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate "padre" nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare "guide", perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati "rabbì" dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate "padre" nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare "guide", perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
La dura critica che Gesù riserva agli scribi e ai farisei non riguarda semplicemente una certa categoria di persone, ma riguarda più che altro un atteggiamento. Quando si vive solo di apparenza e di immagine, la nostra credibilità si ammala. Chi vive solo per essere ammirato e per cercare i primi posti alla fine è disposto a tutto pur di non perdere i primi posti e il luccichio della propria immagine. Ma questa apparenza è tutta a scapito della sostanza. È infatti ciò che uno si porta nel cuore che conta molto di più agli occhi di Dio. In questo senso Gesù invita tutti a fare un bagno di umiltà e a non considerarsi mai dei maestri, delle guide o peggio ancora dei padri nei confronti degli altri. Perché chi si considera maestro pensa sempre di poter insegnare qualcosa agli altri, senza mai pensare che gli altri possono insegnarli qualcosa; chi si considera guida ha la presunzione di voler offrire sempre consigli non richiesti agli altri; chi si considera padre per gli altri molto spesso si ammala di paternalismo. “Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”. Ecco l’antidoto a tutto: l’umiltà.
#dalvangelodioggi #epicoco
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