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Sincretismi

L’illuminismo, nel suo tentativo di liberare l'umanità dalle "catene" del pensiero religioso, ha sottovalutato un aspetto fondamentale della natura umana: il bisogno irriducibile di dare un significato trascendente all'esistenza.
I filosofi razionalisti, convinti che la ragione potesse sostituire completamente la religione, non hanno compreso che stavano opponendosi non a semplici costruzioni sociali eliminabili, ma a un'esigenza radicata nel profondo dell'essere umano. L'impulso a cercare un significato ultimo, che trascenda l'immediato e il materiale, non è un'abitudine culturale da superare, ma una dimensione costitutiva dell'umano.
Il risultato di questo fraintendimento è stato paradossale. Anziché creare una società "libera dalla religione", il razionalismo ha involontariamente generato un proliferare di surrogati spirituali, di ideologie totalizzanti, di culti della personalità e di sistemi di pensiero che, pur rifiutando l'etichetta di "religione", ne hanno assunto le funzioni essenziali: offrire risposte ultime, creare comunità di fedeli, stabilire rituali, definire valori assoluti.
La modernità ha visto nascere una serie di "religioni senza Dio": dal culto della Ragione durante la Rivoluzione Francese alle grandi ideologie politiche del Novecento, dal consumismo come pratica rituale fino alle attuali forme di spiritualità sincretiche e individualizzate. Ciascuna di queste manifestazioni rivela, nella sua stessa esistenza, il fallimento del progetto di un'umanità puramente secolare.
Particolarmente significativo è l'eclettismo spirituale contemporaneo, dove ciascuno compone il proprio personale mosaico di credenze attingendo liberamente da tradizioni diverse, spesso incompatibili tra loro. Questo approccio, apparentemente libero e creativo, nasconde un pericolo profondo: la superficialità di una ricerca che, nella sua incapacità di radicarsi, finisce per replicare la stessa frammentazione che intendeva superare.

https://www.weltanschauung.info/2025/04/sincretismi.html?m=1
“Tra i fili del fuoco”. Francesco Benozzo, un disertore

Non si può barare con la montagna. È stato l’Appennino a far germogliare dentro il ragazzo che trascorreva le estati con i nonni, un inestirpabile desiderio di libertà. Forgiato dal e nel suo seno, da ruscello carsico di desiderio fanciullesco a vera e propria piena nell’età adulta, a passo di poeta e di sciamano ricostruendo una grammatica della diserzione che, probabilmente, è giovane di milioni di anni perché solo il perenne è capace di non invecchiare. Francesco Benozzo non ha mai barato né con la montagna, né con l’impulso feroce del suo sangue che lo obbligavano a tornare con la musica e con le parole a quel tempo troppo lontano per noi evoluti e separati dal tutto, in cui dire Io sono significava dire Io sono il cosmo. Cioè il tempo totalizzante dell’infanzia, prima che imparare a stare nel mondo si trasformi, con i suoi concetti e le sue artefatte regole, nell’oblio di quell’incanto originario.

Filologo di fama docente all’università di Bologna, poeta, sciamano, candidato dal 2015 stabilmente al Nobel per la letteratura; disertore, appunto. Ma non disertore con parole vane, vuote, immemori dell’altrove da cui sono originate. Nelle azioni, radicali come l’impulso del sangue che rifiuta la frode. E adesso che spirano i venti di una guerra tale da far impallidire tutte le altre, adesso che il castello di regole posto a protezione di una pace che sembrava indistruttibile viene giù, come accade ogni qualvolta il peso delle menzogne seppellisca una civiltà ormai incapace di continuare a raccontarsele in modo convincente, il cuore di Benozzo ha disertato per l’ultima volta: “Il diritto di andarsene, la capacità di sottrarsi, l’istinto a non conformarsi sono i capisaldi della legge del tutto”. Chissà che non siano stati i suoi Appennini a suggerire queste parole, come una chiamata al ritorno liberata nell’ultimo battito.

Ed intanto tra i fili del fuoco
Vedevamo danzare
Una forma inattesa per noi
Una forma di mare
Ed intanto nei vuoti di ortiche
Sentivamo il lamento
Di parole diverse da noi
Di parole di vento


L’inverno necessario


https://www.pangea.news/francesco-benozzo-livia-di-vona/
IV
1. In verità il mondo di là, o Gautama, è un fuoco [sacrificale]: il sole è il combustibile, i raggi sono il fumo, il giorno è la fiamma, la luna è il carbone, gli astri sono le scintille.
2. In questo fuoco gli dèi sacrificano la fede: da questa oblazione sorge il re Soma.

V
1. In verità Parjanya (dio vedico della pioggia) è un fuoco [sacrificale], o Gautama: il vento è il combustibile, le nubi sono il fumo, il lampo è la fiamma, i fulmini sono i carboni, i chicchi di grandine sono le scintille.
2. In questo fuoco gli dèi sacrificano il re Soma: da questa oblazione sorge la pioggia.

VI
1. In verità questa terra è un fuoco [sacrificale], o Gautama: l'anno è il combustibile, lo spazio etereo è il fumo, la notte è la fiamma, i punti cardinali sono i carboni, i punti intermedi sono le scintille.
2. In questo fuoco gli dèi sacrificano la pioggia: da questa oblazione sorge il cibo.

VII
1. In verità l'uomo è un fuoco [sacrificale], o Gautama: la parola è il combustibile, il respiro è il fumo, la lingua è la fiamma, l'occhio è il carbone, l'orecchio è la scintilla.
2. In questo fuoco gli dèi sacrificano il cibo: da questa oblazione sorge lo sperma.

VIII
1. In verità la donna è un fuoco [sacrificale], o Gautama: il grembo è il combustibile, l'invito [dell'uomo] è il fumo, la vergogna è la fiamma, l'accoppiamento costituisce i carboni, il piacere rappresenta le scintille.
2. In questo fuoco gli dèi sacrificano lo sperma: da questa oblazione sorge l'embrione.

IX
1. Così alla quinta oblazione le acque parlano con voce umana. L'embrione avviluppato dalla membrana, dopo esser rimasto dentro dieci mesi o nove o quel che sia, viene poi alla luce.
2. Quando è nato, vive finché dura la vita. Quando è morto, quando ha raggiunto il [tempo] destinato, lo afferrano per [consegnarlo al] fuoco donde è venuto, donde è sorto.

X
1. Coloro che così sanno e coloro che nella foresta venerano la fede come l'ascesi, costoro entrano nella fiamma [del rogo], dalla fiamma [passano] nel giorno, dal giorno nella quindicina della luna crescente, dalla quindicina della luna crescente nei sei mesi nei quali il sole si muove verso settentrione,
2. da questi mesi nell'anno, dall'anno nel sole, dal sole nella luna, dalla luna nella folgore. Qui vi è un essere spirituale e costui li fa procedere fino al Brahman. Questo è il cammino che è la via degli dèi.


Chāndogya Upaniṣad, 5, 4-10.
Il tempo ha spessori più grandi e più piccoli come la materia. Profondità e abissi come il mare. Ci sono secondi ai margini dell'eternità che controbilanciano secoli. Là può ancora accadere l'infinito.


Ernst Jünger, Mantrana
Così invano nascondiamo il cuore nel petto,
invano freniamo il nostro coraggio,
maestri e giovani - chi può impedirci, vietarci la gioia?
Un fuoco divino ci trascina, di notte e di giorno,
ad aprirci la via. Vieni. Guardiamo nello spazio aperto,
cerchiamo ciò che è nostro, per quanto lontano.
Questo è certo: al mezzogiorno e fino a mezza la notte
sempre persiste una misura,
comune a tutti ma pure ad ognuno assegnata
e ognuno va e giunge dove ha potere di giungere.
Dunque una follia festosa irrida chi irride,
quando improvvisa afferra i cantori nella sacra notte.
Vieni sull'Istmo, dove scroscia aperto il mare al Parnaso
e la neve splende sulle rupi di Delfi,
nella terra dell'Olimpo, sulle vette del Citerone,
all'ombra dei pini, entro le vigne,
e sotto brusisce Tebe e l'Ismeno nella terra di Cadmo,
da cui viene il Dio e venendo accenna alle sue spalle.


Friedrich Hölderlin, Pane e vino
Je dis qu'il faut être voyant, se faire voyant. Le Poète se fait voyant par un long, immense et raisonné dérèglement de tous les sens.


«Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi.»


Arthur Rimbaud, Lettera a Paul Demeny, 15 maggio 1871
La storia di Raniero Gnoli, l’orientalista che ha censito le pietre usate dagli antichi

Morto il 5 maggio 2025 a Roma, Raniero Gnoli è una figura complessa: orientalista, studioso e traduttore di sanscrito, per oltre 30 anni professore di Indologia alla Sapienza, curatore dell’antologia dei testi del buddismo indiano, antichista, collezionista. E anche autore del monumentale libro Marmora romana
Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra
Girolamo Frescobaldi
Se l'aura spira

Se l'Aura spira tutta vezzosa
la fresca Rosa ridente sta,
la siepe ombrosa di bei smeraldi
d'estivi caldi timor non ha.

A' balli, a' balli liete venite.
Ninfe gradite, fior di beltà,
or, che sì chiaro il vago fonte
dall'alto monte al mar sen va.

Suoi dolci versi spiega l'Augello,
e l'Arbuscello fiorito sta,
un volto bello all'ombra accanto
sol si dia vanto d'aver pietà.
Al canto, al canto, Ninfe ridenti,
scacciate i venti di crudeltà.



https://m.youtube.com/watch?v=PyvZ7mL7vSc

https://www.flaminioonline.it/Guide/Frescobaldi/Frescobaldi-Aura715.html
Quando l'anima si abbandona tutta agli Dei e si affida tutta alle potenze superiori, seguono le cerimonie e i riti divini. In quel momento, tutto risiede negli Dei e tutto negli Dei ritrova il proprio fondamento e tutto è ricolmo degli Dei. Allora, d'improvviso, la loro luce s'irradia sulle nostre anime, e anch'esse si fanno divine.


Giuliano Imperatore, Inno alla Madre degli Dei
L'Eros per il passato è Eros della lontananza che, in quanto si accende per immagini prive di corpo, pone il contemplante in connessione con I'intangibile mondo degli astri, facendo in tal modo percorrere dal pulsare del ritmo del Tutto la vita terrestre di coloro che sono ancora presenti nella luce: ecco perché i suoi portatori furono letteralmente esseri «cosmici», e furono ciò che essi si dissero ai più alti gradi iniziatici: figli del sole.


Ludwig Klages, Dell'eros cosmogonico
In un momento imprecisato, situato intorno al sesto secolo d.C., un'onda creativa iniziò ad investire l'India, onda che non si è ancora placata. Essa assunse la forma di un insieme di dottrine e di pratiche religiose, ed è stata interpretata in modi differenti sia dagli Indiani che dagli occidentali. Quello che alcuni hanno chiamato follia ed abominio, altri lo hanno reputato un sentiero verso l'estasi o il sublime. Tali sono state le valutazioni di un fenomeno che per quattordici secoli non ha cessato di entusiasmare e di sconcertare. 
Gli Indiani che diedero forma a questo nuovo insieme di teorie e pratiche lo chiamarono tantra, "l'ordito (della realtà)". La parola ha un lignaggio di estrema antichità. La sua radice, tan, significa "stendere", come si farebbe con un filo su un telaio (anch'esso chiamato tantra), o, nel linguaggio dei Veda, con un corpo (tanu) da sacrificare sull'altare entro una struttura rituale (tantra). Le persone che seguivano la via del tantra furono chiamate tāntrika, e le loro opere, scritte o trasmesse oralmente, Tantra.
Il tantrismo indiano, nelle sue varianti indù, buddhiste o jaina, non venne fuori dal nulla. Da un lato esso fu influenzato dalle interazioni culturali con la Cina, il Tibet, l'Asia centrale, la Persia e l'Europa, interazioni che avevano luogo sulla Via della Seta, lungo le rotte marittime e nei porti. Tuttavia, ancor più importanti furono le native radici indiane del tantrismo, che non fu tanto una deviazione dalle forme più antiche dell'Induismo, quanto piuttosto una loro continuazione, sebbene talvolta secondo modalità divergenti ed eterodosse.


David Gordon White, Il corpo alchemico
Il corpo umano acquista nel tantrismo un'importanza mai raggiunta nella storia spirituale dell'India. Certo, la salute e la forza, l'interesse per una fisiologia paragonabile al Cosmo ed implicitamente santificata, sono valori vedici, se non prevedici. Ma il tantrismo porta alle estreme conseguenze la concezione secondo la quale la santità non è realizzabile che in un "corpo divino".


Mircea Eliade, Lo Yoga. Immortalità e libertà
Bisogna nobilitare la passione utilizzandola come un mezzo, conservandola a forza di volontà per farne il veicolo di un'idea bella. Per esempio di un'alleanza stretta con un "io" amato.


Novalis, Frammenti
La moltiplicazione senza limiti dei dispositivi tecnologici, l'assoggettamento crescente a vincoli e autorizzazioni legati di ogni genere e specie e la sudditanza integrale rispetto alle leggi del mercato rendono gli individui sempre più dipendenti da fattori che sfuggono integralmente al loro controllo. È possibile che oggi questo dislivello abbia raggiunto il punto di tensione massima e l'uomo sia diventato del tutto incapace di assumere il governo della sfera dei prodotti da lui creati.


Giorgio Agamben, Creazione e anarchia
Forwarded from All'Elefante Nero
Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nel proprio ardore.

Io sono il mare di notte in tempesta
il mare urlante che accumula nuovi
peccati e agli antichi rende mercede.

Sono dal vostro mondo esiliato
di superbia educato, dalla superbia frodato,
io sono il re senza corona.

Sono la passione senza parole
senza pietre del focolare,
senz'arma nella guerra,
è la mia stessa forza che mi ammala.


- Hermann Hesse
2025/07/01 07:40:53
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