"Cominciò a girarmi la testa e una sorta di nera confusione si impossessò per gradi dei miei sensi. L'aria sembrava più luminosa e c'era ovunque una sfumatura sanguigna, inafferrabile, che non veniva dal fuoco e neppure dal cielo notturno. Ebbi una visione di follia e di peccato: le onde del porto non lambivano più la sabbia e il mare era svanito completamente... Pensai di stare guardando una città antichissima, come devono essercene state all'inizio dei tempi. C'era un palazzo che torreggiava sugli altri, da cui usciva un fiotto di luce più rossa e dalle cui porte veniva una musica stregata e seducente come la voce di anni perduti. I celebranti entravano in continuazione dalle porte del tempio ma nessuno vi usciva. Mentre guardavo e ascoltavo, il canto si fece più dolce e la musica più strana. La luminosità rosata aumentò, bella come lo splendore di soli perduti e richiamati per negromanzia dalla notte eterna"
C.A. Smith- Un vino di Atlantide (1931)
C.A. Smith- Un vino di Atlantide (1931)
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Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l'annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò.
Paul Atreides (Dune - 2021)
Paul Atreides (Dune - 2021)
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“L'infinito non si trova in nessun luogo della realtà, non importa quanto ci si rifaccia a esperienze, osservazioni e conoscenza. Possono i pensieri sulle cose essere così differenti dalle cose? Possono i processi del pensiero essere così dissimili da come gli oggetti procedono? In poche parole, può il pensiero allontanarsi così tanto dalla realtà?”
David Hilbert
David Hilbert
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Ma io non ho assolutamente tempo libero per queste cose; e la causa, amico, è la seguente: io non sono ancora capace di conoscere me stesso, secondo la scrittura delfica. Perciò mi sembra ridicolo, senza ancora conoscere questo, indagare su cose aliene. Perciò le lascio andare e seguo quel che si crede, mentre, come dicevo, indago non esse ma me stesso, se sono per caso un mostro più complicato e furioso di Tifone, oppure una creatura più docile e semplice, partecipe per natura di un destino divino e moderato.
Platone, Fedro (230a)
Platone, Fedro (230a)
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«E su tutto, in questo ripugnante cimitero dell'universo, si ode un sordo e pazzesco rullìo di tamburi, un sottile e monotono lamento di flauti blasfemi che giungono da stanze inconcepibili, senza luce, di là dal Tempo; la detestabile cacofonia al cui ritmo danzano lenti, goffi e assurdi, i giganteschi, tenebrosi ultimi dèi. Le cieche, mute, stolide abominazioni la cui anima è Nyarlathotep.»
(H. P. Lovecraft, Nyarlathotep)
(H. P. Lovecraft, Nyarlathotep)
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«Mi sono sempre stati cari questo colle solitario
e questa siepe, che copre alla mia vista
una buona parte dell'orizzonte più lontano.
Ma mentre sto seduto e osservo,
io immagino nella mia mente spazi interminati oltre la siepe,
e silenzi sovrumani
e profondissima quiete, tanto che per poco
il mio animo non s'impaurisce. E non appena odo
il vento stormire tra le fronde di queste piante, paragono
quell'infinito silenzio a questo frusciare:
e mi viene in mente l'eterno,
le ere già trascorse, e quella attuale e
ancor viva, e il suo suono. Così il mio pensiero
sprofonda in quest'immensità:
e il naufragare in questo mare è dolce per me»
Giacomo Leopardi, L'infinito.
e questa siepe, che copre alla mia vista
una buona parte dell'orizzonte più lontano.
Ma mentre sto seduto e osservo,
io immagino nella mia mente spazi interminati oltre la siepe,
e silenzi sovrumani
e profondissima quiete, tanto che per poco
il mio animo non s'impaurisce. E non appena odo
il vento stormire tra le fronde di queste piante, paragono
quell'infinito silenzio a questo frusciare:
e mi viene in mente l'eterno,
le ere già trascorse, e quella attuale e
ancor viva, e il suo suono. Così il mio pensiero
sprofonda in quest'immensità:
e il naufragare in questo mare è dolce per me»
Giacomo Leopardi, L'infinito.
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"Il significante è segno di un soggetto. In quanto supporto formale, il significante raggiunge un altro diverso da ciò che esso è puramente e semplicemente, in quanto significante, un altro che ne viene affetto e ne è reso soggetto, o per lo meno passa per essere tale. È così che il soggetto si trova a essere, e soltanto per l'essere parlante, un essente il cui essere è sempre altrove, come il predicato mostra. Il soggetto è sempre puntiforme ed evanescente, poiché è soggetto solo mediante un significante e per un altro significante"
J. Lacan
J. Lacan
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... quei miopi asini che ragliano l’antico adagio, “era uno che lavorava sodo, ma poi si è dato ai libri e ha perso contatto con la realtà, per diventare la nullità che è oggi”. Per me, chi professa simili opinioni non è un essere umano - nel senso che non fa parte del consesso civile. Il suo è il verso di un animale privo di ragione: il grido di una scimmia, il muggito di un bue, la chiacchiera di un ignorante. E se una vita condotta all’insegna dello studio equivale a una “nullità”, che dire allora dell’esistenza contraddistinta dalla ricchezza materiale o da una superficialità e ignoranza che sono realmente nullità?
H.P. Lovecraft, Lettera a W. Harris (1929)
H.P. Lovecraft, Lettera a W. Harris (1929)
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«Pensò alle antiche leggende del Caos Primigenio, al cui centro brancica goffamente, cieco e idiota, il dio Azathoth, Signore di Tutte le Cose, circondato dalla sua inetta schiera di danzatori ottusi e amorfi e cullato dal sottile, monotono lamento d'un flauto demoniaco stretto da mani mostruose.»
L'abitatore del buio (1935)
L'abitatore del buio (1935)
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"Non c’era vento, ma ovunque tra gli alberi regnava un misterioso fruscìo intangibile. Era certo in simili notti che nei secoli passati, mi diceva l’immaginazione, streghe nude a cavallo di scope magiche attraversavano a volo la valle, seguite da ghignanti Demoni familiari. Raggiunsi le pareti di roccia e con una certa inquietudine notai che la luce illusoria della luna conferiva loro un aspetto sottile che prima non avevo notato. Nel chiarore bizzarro non sembravano rocce naturali, ma piuttosto le rovine dei bastioni ciclopici di un castello eretto da Titani, che sporgessero dal fianco della montagna. Sulle ombre aleggiava una specie di tensione, come se un mostro invisibile trattenesse il respiro per non mettere in fuga la sua preda"
R.E. Howard, "La pietra nera"
R.E. Howard, "La pietra nera"
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Gli Hirpi Sorani si muovono come ombre sfuggenti sulle pendici del Monte Soratte, un’altura che sembra pulsare di un’energia antica, intrisa di mistero e potenza primordiale. Non sono semplici sacerdoti, ma figure liminali, sospese tra il mondo dei vivi e un regno ultraterreno, custodi di un sapere arcano che si manifesta nel loro passo intrepido sui carboni ardenti. Il loro nome, Hirpi, sussurra il ringhio del lupo (hirpus in sabino), animale totemico che incarna la ferocia e l’istinto, ma anche la fedeltà a un ordine cosmico oscuro. Essi sono i prescelti, marchiati da un patto con Soranus, il dio rappresentato come un sole bruciato, che non illumina ma assorbe, non scalda ma consuma e distrugge, un’entità che si manifesta come un vuoto radiante, un’eclissi perenne che divora la luce per rivelare verità nascoste.
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"I colori e la gaiezza del giorno avevano lasciato posto alla magica immobilità della notte. La città appariva più antica che mai, sotto la ricurva luna d'argento. Le grandi colonne delle ville e dei palazzi si ergevano verso le stelle. Le ampie scalinate, silenziose e deserte, sembravano salire senza fine per svanire nelle ombre buie dei piani superiori. Scale che portano fino alle stelle, pensò Kull, trasportato dalla sua immaginazione, eccitata dalla maestosità irreale dello scenario"
R. E. Edward, "Il regno fantasma" (1929)
R. E. Edward, "Il regno fantasma" (1929)
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"Tutto ciò che la scienza ha il diritto di affermare è che ci sono Intelligenze invisibili viventi nelle nostre stesse condizioni. Essa non può negare di punto in bianco la possibilità che esistano mondi nei mondi in condizioni totalmente diverse da quelle che costituiscono la natura del nostro; né che possa esservi qualche comunicazione limitata fra alcuni di questi mondi ed il nostro"
E. P. Blavatsky, "Cosmogenesi"
E. P. Blavatsky, "Cosmogenesi"
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Se la semplice essenza del Bene ci è disvelata altresì come primordiale e come qualcosa che non ha nient'altro in sé oltre all'unità, e se inoltre l'Uno è identico a tale essenza..... quando diciamo Uno e quando diciamo Bene intendiamo tale Essere primordiale [Dio] .... Lo chiamiamo anche primo perché è semplice .... Pertanto se non è "da altro" né "in altro", e non è composto, non vi è nulla che stia al di sopra di Lui. Ma, stabilito il primato dell'Uno, faremo seguire a Lui l'Intelletto e ciò che nativamente pensa e poi, dopo L'Intelletto, l'Anima. E questo è un ordine secondo natura.
(Plotino, Enneadi, II, 9, Laterza, Bari 1947)
(Plotino, Enneadi, II, 9, Laterza, Bari 1947)
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Lo stendardo del Leone ondeggia e cade nella tetra oscurità;
Un Drago scarlatto fruscia vicino, portato dai venti della rovina.
In cumuli giacciono i cavalieri splendenti, dove si spezzano le lance spinte,
E in profondità nelle montagne infestate, si risvegliano gli dèi neri, perduti.
Mani morte brancolano nell’ombra, le stelle impallidiscono di paura,
Perché questa è l’Ora del Drago, il trionfo della Paura e della Notte.
Robert E. Howard, The Hour of the Dragon (1935)
Un Drago scarlatto fruscia vicino, portato dai venti della rovina.
In cumuli giacciono i cavalieri splendenti, dove si spezzano le lance spinte,
E in profondità nelle montagne infestate, si risvegliano gli dèi neri, perduti.
Mani morte brancolano nell’ombra, le stelle impallidiscono di paura,
Perché questa è l’Ora del Drago, il trionfo della Paura e della Notte.
Robert E. Howard, The Hour of the Dragon (1935)
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