Vangelo di lunedì 25 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,13-22
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,13-22
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”, con queste parole, Gesù, nella pagina del Vangelo di oggi rimprovera aspramente gli scribi e i farisei, facendo loro un elenco di incoerenze con cui si macchiano quotidianamente. Ma l’espressione che Gesù usa, cioè ipocrisia, è una parola che indica un atteggiamento che molto spesso ritroviamo nella nostra vita di ogni giorno. L’ipocrita non è semplicemente qualcuno che è falso, ma è soprattutto qualcuno che ha il cuore doppio. In pratica c’è una sorta di doppiezza tra ciò che si pensa e ciò che si dice, tra ciò che si dice e ciò che si fa. Da una parte facciamo discorsi giusti per poi negarli con le nostre scelte, o ci portiamo nel cuore dei sentimenti e agiamo esternamente al contrario. Se un genitore dice cose giuste ai propri figli, ma poi vive la sua vita in contraddizione con le cose che dice ai propri figli, ecco che si macchia di quelli ipocrisia che non soltanto lo condanna, ma gli fa perdere di autorevolezza. Se un uomo o una donna di fede frequentano la chiesa, partecipano ai sacramenti, ascoltano il Vangelo, ma poi non sono disposti a perdonare, a usare compassione, ad aiutare chi ha bisogno, ecco che si macchiano di ipocrisia e perdono di credibilità. Oggi il Vangelo ci sta domandando se abbiamo un cuore semplice o un cuore ipocrita. È questa la conversione a cui dobbiamo mettere mano. Troppo spesso pensiamo che il nostro più grande nemico è la fragilità e la debolezza, ma in realtà queste caratteristiche fanno parte della nostra vita umana. Anche i più grandi santi rimangono fragili e deboli. Ciò che dobbiamo combattere è il cuore doppio, è l’ipocrisia, è quell’incoerenza che ci fa credere delle cose e agire al contrario.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di martedì 26 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,23-26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,23-26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza”. Lucidare l’apparenza è quello che ci viene insegnato dalla cultura contemporanea. Infatti viviamo in una società dell’apparenza dove le cose che contano sono semplicemente le cose che appaiono, che attirano l’attenzione, che sono messe in vetrina. Tutto ciò invece che non si vede sembra relegato alla dimenticanza, all’abbandono, alla noncuranza. Ma se ci pensiamo bene, le cose che contano sono sempre in un luogo interiore della vita. Il cuore ad esempio è nella nostra interiorità, e non nella maschera che indossiamo per farci accettare dagli altri. L’amore è anch’ esso collocato nella parte più profonda di noi e non nei segni eclatanti della nostra esteriorità. Così come pure la fede, quando è vera non la si trova mai in forme di ostentazione religiosa, ma in un atteggiamento sobrio, intimo, profondo, personale. Se vogliamo quindi cambiare la nostra vita, dobbiamo cominciare ad aver cura della nostra interiorità. Invece, molto spesso confondiamo il cambiamento della nostra vita con una sorta di nuovo allestimento della vetrina della nostra apparenza. Ci sono tanti motivi per cui preferiamo rimanere nella superficialità. Il primo forse è l’eccessivo peso che diamo al giudizio degli altri. Il secondo riguarda la fatica. Infatti, lavorare in profondità significa accettare di dover faticare, accettare cioè di andare a fondo delle cose senza fermarsi alle facili emozioni, e ai giudizi affrettati. Ma Gesù è chiaro nel dirci che l’unica maniera di cambiare il destino di un bicchiere è pulire il suo interno, e miracolosamente anche il suo esterno risulterà nuovo e pieno di luce.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di mercoledì 27 agosto
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,27-32
In quel tempo Gesù parlò dicendo: ««Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23,27-32
In quel tempo Gesù parlò dicendo: ««Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».
L’espressione “sepolcri imbiancati” che Gesù usa nel Vangelo di oggi è entrata nell’immaginario collettivo e nel linguaggio comune per descrivere l’ipocrisia. La forte immagine evocata da Gesù ha a che fare con la contraddizione che si viene a creare tra ciò che è un sepolcro dentro, cioè la morte, e ciò che un sepolcro appare al suo esterno, cioè il bianco candido della calce fresca. Se volessimo portare questo paragone nella nostra vita, dovremmo forse pensare a quanta morte, tristezza, infelicità ci portiamo dentro mentre tentiamo in tutti modi all’esterno di non far trasparire nulla di quella infelicità, di quel dolore. Molte volte lo facciamo per proteggere le persone che ci stanno accanto, oppure perché pensiamo di non essere capiti dagli altri. Ma in ogni caso, non è mai un buon affare portarsi la morte dentro e fingere gioia fuori. Mi sembra che letta così questa pagina del Vangelo non risulti semplicemente un rimprovero, ma una parola dura pronunciata da qualcuno che ci ama veramente. È come se Gesù volesse scoperchiare tutta quell’infelicità nascosta sotto il nostro tappeto e volesse dire a ciascuno di noi “ basta accumulare tutto questo buio”. Ma Gesù sa bene che certe volte ci abituiamo a vivere in questo modo, e senza rendercene conto rischiamo di non sapere più chi siamo veramente. Chi incontra Cristo incontra qualcuno che lo aiuta a fare verità, a riconciliare cioè, il dentro con il fuori. Chi ha incontrato Cristo non ha più bisogno di fingere, e non ha più bisogno di nascondere il proprio dolore, la propria infelicità, il proprio male perché può sempre consegnarlo a Chi ha il potere di liberarci e di guarirci.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di venerdì 29 agosto
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
La morte cruenta di Giovanni Battista è il cuore del Vangelo di oggi. In realtà leggiamo questo racconto perché la liturgia odierna ci fa ricordare proprio il martirio del Battista. Basterebbe solo pensare a questa morte per lasciarsi evangelizzare, ma vorrei che ponessimo la nostra attenzione sull’atteggiamento strano che Erode ha nei suoi confronti: “Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri”. Un uomo come Erode sente fascino nei confronti di un uomo come Giovanni. Tutta la buona notizia nel Vangelo sembra quindi concentrarsi su questo dettaglio apparentemente secondario: puoi essere Erode ma non puoi restare indifferente alla Verità e a chi la dice. Ciò sta a significare che nonostante le scelte sbagliate, i vissuti contradditori, e la convinzione di essere più furbi degli altri, rimaniamo comunque sensibili a ciò che è oggettivamente vero. Sappiamo che alla fine questo non salverà la vita di Giovanni, ma ci dice che nessuno può dirsi immune al lavorio della propria coscienza. Possiamo agire contro di essa o a favore, certamente però non possiamo dire di non averne una. E proprio per questo Erode è infinitamente responsabile di quello che fa, e con lui ognuno di noi. Non possiamo continuare a dare la colpa a tutti i condizionamenti di cui è fatta la nostra vita, ma ognuno di noi deve ammettere che ha una coscienza e che al di là di tutto essa ci dice qualcosa. Dobbiamo decidere però cosa farne di ciò che ci dice.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di lunedì 1 settembre
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,16-30
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,16-30
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
La polemica raccontata dal Vangelo di oggi dei compaesani di Gesù non deve offuscare la cosa più importante che viene raccontata in questa pagina del Vangelo: Gesù legge un passo del profeta Isaia che descrive per bene qual è la sua missione. “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Tutta l’azione di Gesù è finalizzata a portare un lieto messaggio a tutti coloro che si considerano poveri, non soltanto in termini materiali ma generalmente nella categoria proprio dei “mancanti”. Uno può sentirsi povero di amore, di stima, di gioia, di senso, e proprio per questo l’incontro con Gesù è un incontro decisivo perché a coloro che si sentono mancanti, egli ha qualcosa da dire. A coloro che si sentono prigionieri di qualche circostanza, egli viene a portare la liberazione. A coloro che non sanno più cosa è giusto e cose è sbagliato e non vedono più il passo successivo che devono mettere, egli viene ad aprire gli occhi e ad essere luce. A coloro che si sentono schiacciati dalla vita, oppressi da quello che gli è accaduto, egli si mette accanto per essere per loro sollievo. Tutta la missione di Gesù è una missione in positivo. Coltivare una fede che si dimentica questa finalità di fondo che Gesù ha, significa pervertire il messaggio del Vangelo. Bisogna stare lontani da pseudo esperienze cristiane che ci fanno sentire sbagliati, che aumentano i sensi di colpa, che ci angosciano, che ci opprimono, perché questo è esattamente il contrario del motivo per cui Gesù è venuto al mondo.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di martedì 2 settembre
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,31-37
In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,31-37
In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.
“Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità”. L’autorevolezza a cui fa riferimento il Vangelo di oggi non riguarda il posto che si occupa ma la convinzione di ciò che si dice. Gesù credeva in quello che diceva e questo lo rendeva credibile e autorevole agli occhi di chi lo ascoltava. Troppo spesso diciamo cose giuste senza nessuna vera convinzione. È questo che svuota le nostre chiese, che rende insipidi i genitori e insopportabili gli insegnanti, e potrei continuare la lista all’infinito. Ma c’è un ulteriore elemento che rende Gesù autorevole: è la testimonianza della sua stessa vita. Egli infatti ha vissuto ciò che ha predicato. Questo lo rende insopportabile al demonio che invece troneggia lì dove si proclama una verità annacquandola, o si difendono i principi giusti senza crederci veramente o vivendo in controtestimonianza con essi. «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!». Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». Le parole del demonio ci ricordano che possiamo fare correttamente la nostra professione di fede (“Tu sei il Santo di Dio”) ma percepire Gesù come la rovina delle nostre scelte, dei nostri ragionamenti, delle nostre convinzioni più profonde. Potremmo trovarci in una comunità cristiana che professa correttamente la propria fede e la difende anche in tutti i modi e poi però vive al contrario di essa. Anche se i padri della Chiesa insegnano che vivere in maniera sbagliata alla fine ci farà ragionare e pensare anche in maniera sbagliata. Molte derive teologiche forse nascono proprio da derive morali. In ogni caso ripartiamo dalla conversione della nostra vita e non percepiremo più Gesù come qualcosa di urticante.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di giovedì 4 settembre
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
C’è così tanta gente nel Vangelo di oggi che Gesù sembra quasi impossibilitato a poter predicare. Allora egli si fa bisognoso solamente della barca di Pietro per poter avere uno spazio da cui annunciare la Parola. Sembra tutto casuale, invece è tutto provvidenziale. Dio certamente non ha bisogno di noi per compiere la sua opera, ma la cosa che colpisce di più è il suo farsi bisogno di ciascuno di noi. Così come allora sceglie la barca di Pietro, così oggi chiede di salire sulle nostre barche, in ciò che sappiamo fare, in ciò che è la nostra quotidianità, e da lì Gesù vuole continuare ad annunciare la sua Parola. Come poteva un pescatore immaginare che Dio si sarebbe servito di lui e del suo mestiere per compiere la sua opera? E allora perché non potrebbe usare ancora oggi i nostri mestieri, le nostre cose, la nostra quotidianità. Ciò che rende ancora efficace il Vangelo è la capacità di ognuno di noi di fargli spazio. Spero che nessuno mi fraintende se dico che è più credibile la “barca” di un operaio, di una madre, di un padre, di un medico, di un netturbino, più di qualunque chiesa splendida nella sua arte e nella sua storia. I luoghi sacri servono solo a ricordare a ciascuno di noi quanto è sacra tutta la nostra vita, ma non possiamo delegare ad essi ciò che Gesù consegna invece alla nostra quotidianità. Ovunque tu sia, e qualunque cosa tu faccia, sei disposto a far salire Gesù affinché parli ancora oggi? Ti accorgerai che la tua vita sarà attraversata da un senso di pienezza mai visto. “Presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano”.
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Vangelo di venerdì 5 settembre
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,33-39
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5,33-39
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
«I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono!». È questa la critica che viene mossa da Gesù nella pagina del Vangelo di oggi. A pensarci bene anche noi che siamo i suoi discepoli possiamo aver portato nel nostro modo di vivere la fede la modalità dei discepoli del Battista e dei farisei: molte preghiere, digiuni e pratiche religiose. Ma è questo che aveva in mente Gesù per noi? Il cristianesimo non è un insieme di pratiche religiose, ma una relazione con Lui che è il Figlio di Dio. Se dici tante preghiere, fai tanti digiuni ma non consideri Gesù qualcuno da amare e da cui lasciarti amare, allora non hai compreso ancora il Vangelo. Per questo l’atteggiamento più vero della fede cristiana è la relazione di bene che si viene a creare con Gesù. E come ogni relazione a volte si gioisce e a volte si soffre, ma è la relazione ciò che conta. Se dici 500 ave marie ma non sai parlare a Gesù come ad un amico, a cosa può giovarti quel numero gigante di preghiere? Cosa significa che dobbiamo abbandonare le preghiere, i digiuni e le altre pratiche cristiane? Assolutamente no, ma dobbiamo trasformarle in un modo di esprimere l’amore e l’intimità con Dio, e non in una pratica esteriore tipica del paganesimo ma indegna per un cristiano che ha veramente conosciuto il Vangelo. Se io voglio bene a qualcuno troverò migliaia di modi per esprimere questo bene. Ma migliaia di modi non possono sostituirsi al bene, né crearlo. Siamo amici di Cristo o semplici devoti?
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di giovedì 18 settembre
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7,36-50
In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7,36-50
In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
Nel bellissimo racconto del Vangelo di oggi assistiamo a una struggente scena in cui una donna peccatrice trova il coraggio di cercare Gesù che si trova a mangiare a casa di un fariseo. Probabilmente anche lei sa che entrando in casa di un fariseo si sarebbe esposta più di tutti gli altri luoghi al giudizio. Ma sembra non tenere conto di quello che gli altri possono pensare di lei, perché lei è concentrata a fare solo una cosa: “fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato”. Non è riportata una sola parola di questa donna, ma in alternativa sono riportate le parole taglienti del padrone di casa, e la rilettura sapienziale di Gesù che vede nel gesto di questa donna il vero pentimento. Infatti, pentirsi significa imparare a versare lacrime su ciò che abbiamo fatto, che siamo stati, che ci ha segnati. Ma piangere senza riparare sarebbe un’altra forma di superbia spirituale. Un cristiano è chiamato a pentirsi e allo stesso tempo a riparare con l’unico mezzo con cui Gesù ci ha insegnato ad usare, cioè l’amore. Bisogna imparare a piangere i propri peccati e allo stesso tempo amare con tutto ciò che possiamo la realtà che abbiamo davanti e il resto della nostra vita. Senza questa decisione di amare ci rimane solo l’amaro delle nostre lacrime. Gesù elogia questa donna, non perché non sa perfettamente che è una prostituta, ma perché in lei ha trovato pentimento e riparazione. Sono due doni che dovremmo domandare al Signore: saper piangere i nostri peccati e saperci mettere in gioco nell’amore possibile di cui siamo capaci. Infatti, l’amore che ripara non è un amore fuori dalla nostra portata, ma coincide con il bene possibile che abbiamo a disposizione nelle nostre mani e che molto spesso per pigrizia o per egoismo non mettiamo mai in pratica.
#dalvangelodioggi #epicoco
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Vangelo di venerdì 19 settembre
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 8,1-3
In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 8,1-3
In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
“C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità”. Quest’annotazione del Vangelo di Luca ci ricorda che attorno a Gesù non c’è semplicemente un consesso maschile, ma una comunità di uomini e donne che lo accompagnano nella sua missione dell’annuncio del regno. Se da una parte un certo maschilismo ci fa perdere il contatto con la realtà del Vangelo in cui viene ricordata esplicitamente la presenza delle donne nella missione di Gesù, dall’altra parte basterebbe varcare le soglie delle nostre parrocchie e delle nostre comunità per accorgerci come il mondo femminile è quello più presente e in molti casi quello più affidabile. Certe volte, in maniera ideologica, riduciamo la questione del maschile del femminile a una semplice questione di ruoli di potere o di responsabilità. Ma nella logica di Gesù, anche ciò che apparentemente sembra non avere nessuna importanza è considerato decisivo per il regno di Dio. La vera domanda che dovremmo farci non è quale posto occupiamo all’interno della Chiesa, ma con quale santità noi siamo all’interno della Chiesa. È la santità l’unica cosa che conta, perché tutto il resto, direbbe qualcuno, è solo vanità di vanità.
#dalvangelodioggi #epicoco
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